Accoglienza Migranti

September 19, 2023
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CPR o CDC (Campi Di concentramento ?


Nell’ambito delle emergenze conseguenti all’incremento dei Flussi Migratori in Italia, uno dei più drammatici ed irrisolti è quello dell’accoglienza

La complessa materia, infatti come sempre da noi, non è stata mai affrontata in maniera organica e Progressiva, ma sempre sulla spinta dell’opinione pubblica, o per contigenti motivi elettorali.

I problemirimangono irrisolti e come vedremo anche il recente Decreto Governativo non si rappresenta Risolutorio ma Urlatorio.

Negli anni la normativa che disciplina l’accoglienza di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Italia è cambiata più volte. Se pur con alcuni importanti rimandi a norme diverse, le modalità di accoglienza sono sostanzialmente definite dal decreto legislativo 142/2015. Negli anni più recenti tre decreti in particolare hanno modificato questa norma. Creando complicazioni burocratiche ed ulteriori inefficenze.

Con l’avvento del governo Meloni poi le norme si sono mosse in direzione opposta rispetto a un modello più razionale che si stava istaurando fra il 2019 e 2021.

Oltre a non permettere più ai richiedenti asilo (o almeno a quasi tutti) di accedere ai servizi del Sai, il nuovo sistema prevede una riduzione dei servizi di assistenza e integrazione nei centri governativi e nei Cas. In aggiunta viene creato un ulteriore livello di accoglienza straordinaria, ovvero le strutture di accoglienza provvisoria, con ancora meno servizi.

Veri e propri centri di detenzione, o di concentramento, mi verrebbe da dire, che piuttosto che risolvere aumenteranno i casi di insofferenza o di malaffare a tutti i liveli

Cosa sono i CPR

I CPR EX CPT Sono strutture di detenzione amministrativa ove vengono reclusi i cittadini non comunitari, sprovvisti di un regolare documento di soggiorno oppure già destinatari di un provvedimento di espulsione.

Furono istituiti nel 1998 dalla Legge Turco-Napolitano con il nome di C.P.T. (Centri di Permanenza Temporanea),

Originariamente, la durata massima della detenzione amministrativa era fissato in 30 giorni (art. 12 Legge Turco-Napolitano); la Legge Bossi-Fini ha stabilito che, laddove si riscontrino serie difficoltà nelle procedure di accertamento dell’identità di uno straniero, il periodo di detenzione possa essere prorogato dal giudice per ulteriori 30 giorni; nel 2013 tale periodo è stato fissato fino ad un massimo di 90 giorni; con il recente del Presidente Meloni si passa a 18 MESI.


I Centri di Accoglienza

I CDA non si sono rivelati la Soluzione anzi, Una delle principali conseguenze negative è che lo Stato italiano sborsa, ormai da molti anni, svariate centinaia di milioni di euro per un intervento che non porta alcun beneficio concreto ai rifugiati in termini di vera integrazione, rappresentando semplicemente un ponte verso la successiva situazione di disagio sociale.

L’accoglienza in Italia – nelle sue varianti di buona e cattiva fede – troppo spesso risulta fine a se stessa, anziché propedeutica all’effettiva integrazione.

L’accoglienza, così come operata negli altri paesi Europei consiste nella strutturazione di un sistema di monitoraggio, valutazione e controllo permanente dei servizi previsti, con particolare accento su quelli finalizzati all’inserimento socio-lavorativo sul territorio 11 (ad esempio, l’insegnamento della lingua italiana, l’orientamento civico e culturale, la redazione dei curricula, la realizzazione dei bilanci di competenza, i sistemi di riconoscimento delle competenze acquisite) 12.

Al contempo, sin dalle prime fasi dell’accoglienza dovrebbero essere adottate iniziative di aggiornamento e orientamento professionale a favore della popolazione rifugiata o titolare di protezione sussidiaria e/o umanitaria, onde facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Tutto questo viene fatto in maniera sporadica e non professionale , impedendo una efficace integrazione


Pannicelli Caldi


A fronte di iniziative sporadiche e prive di una logica strutturale, con L’imperativo italiano di arginare i flussi di migranti si rischia di commettere a Roma errori Storici.

Occorre invece arginare la problematica a MONTE, la dove cioè si creano le masse migratorie, e poi strutturare in manera definitiva i Corridoi Umanitari e Sociali.

DIVERSAMENTE SI PARLA DEL NULLA

Se analizziamo solament i dati statistici strutturali che vanno del 2014 al 2016, ma oggi sono anche più drammatici , ci accorgiamo che, la migrazione cosidetta Mediterranea è Minima rispetto alle migrazioni da altri paesi. Ma non se ne parla.

E che altri paesi, ad esempio la Germania riescono ammettere a punto un sistema di Accoglienza ed integrazione Efficace


«Gli immigrati: un problema di ordine pubblico o una risorsa per il Paese?».

Come dice Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele,

«non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze». Paure, dunque, che non costituiscono un peccato perché: «Peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità» (…) «Peccato è rinunciare all’incontro con l’altro, con il diverso, con il prossimo, che di fatto è un’occasione privilegiata d’incontro con il Signore».

Le immigrazioni sono deportazioni indotte

È fondamentale allora, a fronte di tale emorragia di umanità, denunciare le violenze, le ipocrisie, le manipolazioni.
Non si tratta – come dicono gli impresari della propaganda – di essere “buonisti”, ma di esercitare la ragione e l’analisi onesta delle cose, quindi proporre misure che tengano conto della realtà e non la occultino sotto la grancassa degli slogan.

La prima cosa da sottolineare è che l’immigrato non è il “nemico” ma semmai la vittima. Le migrazioni ci sono sempre state, fanno parte della storia dell’umanità.

Ma se hanno toccato negli ultimi trent’anni i picchi che conosciamo è a causa di un sistema politico ed economico che ha prodotto laceranti disuguaglianze, sfruttato e depredato intere regioni del pianeta, concentrato enormi patrimoni in poche mani, dichiarato guerre per l’appropriazione esclusiva delle materie prime e, di conseguenza, costretto – le migrazioni sono di fatto deportazioni indotte – milioni persone a lasciare gli affetti, i legami, le case.

Ma se le cose stanno così (e ormai anche i sostenitori più accesi del neo-liberismo faticano a negarlo), chi è il “nemico”: gli immigrati o un sistema economico che il Papa ha definito «ingiusto alla radice» e una politica che lo ha favorito, spalleggiato, se non addirittura rappresentato?

Ripensare l’Accoglienza

Le forme di accoglienza che emergono nel corso degli anni Novanta sono riconducibili a tre tipologie: accoglienza spontanea dal basso, accoglienza legata alle attività degli enti locali, accoglienza pianificata a livello centrale.

Il processo di accoglienza dei migranti in Italia

Il sistema di accoglienza dei migranti in Italia opera su due livelli: prima accoglienza, che comprende gli hotspot e i centri di prima accoglienza, e seconda accoglienza, che comprende il SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione) – che con il decreto Lamorgese ha sostituito il SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) introdotto da Salvini – e i CAS, Centri di Accoglienza Straordinaria, ibrido tra prima e seconda accoglienza.

Vediamo ora meglio come funzionano nello specifico le diverse componenti del sistema di accoglienza: la prima accoglienza e il SAI. Trattiamo alla fine i CAS, concependoli come un’anomalia del sistema.


Prima accoglienza: Hotspot e Centri di prima accoglienza

La prima accoglienza è svolta in centri collettivi dove i migranti appena arrivati in Italia vengono identificati e possono avviare, o meno, la procedura di domanda di asilo. Qui ricevono le prime cure mediche, vengono sottoposti a screening sanitario, vengono identificati e fotosegnalati e possono richiedere la protezione internazionale (di fatto la grande maggioranza dei migranti che arrivano via mare lo fa).

Il sistema basato su hotspot e centri di prima accoglienza ha in teoria sostituito il precedente sistema basato su sigle che dovremmo ormai considerare superate: i vari CPSA (Centri di Primo Soccorso e Accoglienza), CDA (Centri di Accoglienza) e CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo).

CPR sono attualmente 9 (Bari, Brindisi, Caltanissetta, Gradisca d’Isonzo, Macumer, Palazzo San Gervasio, Torino, Roma e Trapani). I numeri variano in continuazione: il totale dei posti disponibili varia da 500 a 1.000, e nel 2021 sono transitati nei CPR 5.174 migranti.

Tuttavia c’è da notare che Con un totale di meno di 44mila richiedenti asilo, l’Italia è l’ultima dei 4 grandi paesi Ue. Al primo posto si trova la Germania, con un totale di 116mila, al secondo la Francia (con poco meno di 83mila) e al terzo la Spagna (circa 74mila).

Sembra Insomma che I migranti non hanno alcuna voglia a rimanere in Italia


Tra il 2018 e il 2021 a fronte di 107.368 provvedimenti di espulsione, solo 21.366 persone sono tornate effettivamente nel loro paese d’origine tramite rimpatri volontari o forzati, ovvero un quinto del totale. La media annua dei rimpatri effettivi è di circa 5.300 migranti, fatta eccezione per il 2020 e il 2021 quando furono rimandate nel loro paese di origine rispettivamente 3.607 e 3.838 persone a causa delle restrizioni dovute alla pandemia.

Numeri che confermano un’oggettiva difficoltà dell’Italia e in cui emerge secondo i magistrati della Corte dei Conti che la Francia, la Germania e la Grecia hanno conseguito risultati decisamente migliori in rapporto a quelli registrati nel nostro paese.

Solo un espulso su cinque, quindi, lascia effettivamente il nostro paese. Creando numerosi problemi, soprattutto di sicurezza.

La detenzione forzata, nei CPR per 18 mesi quindi, non può che incrementare la problematica esponenzialmente.

Seconda accoglienza: il SAI (ex SIPROIMI, ex SPRAR)

Una volta transitati dagli hotspot e dai centri di prima accoglienza, i richiedenti asilo vengono assegnati alla seconda accoglienza, il Sistema di accoglienza e integrazione (SAI).

Si tratta di un ritorno al passato, in quanto il SAI ritorna ai principi dello SPRAR, ossia a un’accoglienza più orientata all’integrazione. Al sistema possono accedere sia i richiedenti asilo che i titolari di protezione, mentre la riforma Salvini aveva limitato l’accesso al sistema solo a coloro che avevano già ottenuto una risposta positiva alla domanda di asilo (status di rifugiato o protezione sussidiaria) e ai minori stranieri non accompagnati.

I richiedenti asilo ricevono assistenza materiale, legale, sanitaria e linguistica, i titolari di protezione hanno anche servizi più esplicitamente rivolti all’integrazione e all’orientamento lavorativo. Se i posti nel SAI si esauriscono, si ricorre al sistema di accoglienza straordinaria, ossia i CAS, di cui tratteremo tra poco.

Per tutto il 2019 e il 2020, anni in cui è stato in vigore il decreto Salvini, i richiedenti asilo sono stati dirottati ai CAS senza avere possibilità di essere accolti nel sistema di accoglienza ordinario. Va detto che già dal 2014, quando cioè i numeri dei migranti in arrivo sulle coste italiane cominciarono a salire, molti richiedenti asilo venivano di fatto dirottati sui CAS, visto che il programma SPRAR era di piccole dimensioni.

Insomma per concludere questa prima parte dell’analisi sull’Accoglienza, Appare evidente che le procedure in essere in Italia non solo sono ininutili, ma accentuano la problematica della dinamica della Accoglienza


Compendio di dati utili per comprendere il fenomeno dell’accoglienza

1. Nel 2008, 2011 e 2014 l’Italia si è collocata rispettivamente al quarto (2008, 2011) e quinto (2014) posto per numero di richieste d’asilo tra le grandi economie mondiali.

2. Per maggiori dettagli, cfr. N. PETROVIC, Rifugiati profughi, sfollati, Milano 3013, Franco Angeli.

3. Per reinsediamento si intende il processo mediante il quale cittadini di paesi terzi o apolidi, su richiesta dell’alto commissariato Onu per i rifugiati, motivata dal loro bisogno di protezione internazionale, vengono trasferiti da un paese terzo a un altro in cui sono autorizzati a soggiornare in virtù dello status di rifugiato o di altro status che dia loro titolo a un’analoga protezione. Secondo alcune stime, dal 1945 alla fine degli anni Ottanta circa 220 mila persone sono state reinsediate dall’Italia in paesi terzi.

4. A questa regia, cui l’Italia ricorre per tutto il periodo tra la ratifica della convenzione e l’adozione del decreto legge 416/1989, vi sono state alcune limitate e sporadiche eccezioni. Una prima deroga è accordata nel settembre del 1973 a un gruppo di quasi mille cileni che chiedono protezione all’ambasciata italiana di Santiago del Cile. Un altro caso riguarda i cosiddetti boat people, circa 3.500 cittadini del Sud-Est asiatico (cambogiani, laotiani e sudvietnamiti) e altri piccoli gruppi di cittadini iracheni, afghani, ghanesi e palestinesi.

5. Il decreto legge 416 del 30 dicembre 1989, convertito nella legge 39 del 28 febbraio 1990, stabilisce «norme urgenti in materia di asilo politico, ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e apolidi già presenti nel territorio dello Stato» e definisce, all’articolo 1, alcuni aspetti rilevanti in tema d’asilo. Il decreto legge 416 è la prima norma nazionale in cui viene utilizzata l’espressione «asilo politico».

6. Queste particolari forme di protezione – distinte rispetto a quelle previste dalla convenzione di Ginevra – sono adottate per far fronte a improvvise emergenze causate, dapprima (ottobre 1990marzo 1991) dallo sbarco in massa di cittadini albanesi sul litorale pugliese, poi (dal settembre 1991) dall’ingresso di sfollati provenienti dalle repubbliche dell’ex Jugoslavia e dei cittadini somali che, pur essendo privi dello status di rifugiato riconosciuto ex articolo 1 della legge 39/90, non sono tuttavia rimpatriabili a causa degli eventi bellici in corso nel paese. La stessa forma di protezione viene accordata infine ai cittadini albanesi fuggiti a seguito degli episodi di violenza generalizzata scaturiti dal crollo delle cosiddette «piramidi finanziarie» nel 1997 e infine agli sfollati kosovari affluiti in Italia nel 1999.

7. Nel solo 1999 vengono presentate in Italia oltre 33 mila domande d’asilo, con conseguente intasamento della relativa procedura ordinaria e il sostanziale collasso del precario sistema assistenziale.

8. Ci si riferisce in particolare all’obbligo di garantire l’accoglienza per i richiedenti asilo, introdotta con il decreto legislativo 140/2005.

9. I rilevanti interventi normativi vengono introdotti dalla legge 189, approvata il 30 luglio 2002, di «Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo» (la cosiddetta Bossi-Fini). La legge apporta significative modifiche alla legge 40/98 (Turco-Napolitano), specie in relazione alle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato (artt. 31 e 32). Tali cambiamenti, ulteriormente declinati nel «Regolamento di attuazione delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato» approvato il 9 settembre 2004 ed entrato in vigore il 21 aprile 2005, integrano l’articolo 1 della legge 39/1990 introducendo sostanziali elementi di novità nell’organizzazione delle procedure per l’esame della domanda d’asilo e nelle modalità di tutela e di accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo.

10. Nell’ambito di tali attività non sono mancate forme di valorizzazione di iniziative del terzo settore e degli enti locali che cercano di rispondere alle necessità dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Tali attività, inizialmente spontanee e non coordinate, gettano in seguito – con l’avvio di esperienze quali il Progetto azione comune, il Programma nazionale asilo e il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati – le basi di quello che diventerà il «modello diffuso d’accoglienza». Purtroppo, il processo di costruzione del dispositivo nazionale d’accoglienza negli anni ha completamente esaurito la spinta propulsiva.

11. Ivi compresa la necessità di monitorare le uscite dai circuiti d’accoglienza specificatamente dedicati (vedi: Sprar, centri polifunzionali) «per motivi di integrazione».

12. Negli ultimi anni, sono state peraltro sperimentate con successo attività come la registrazione dei profili delle competenze dei richiedenti/titolari di protezione internazionale ospitati nei centri. In alcuni Cara sono stati istituiti degli sportelli per orientare gli stranieri ai servizi del territorio, per assisterli nell’elaborazione di piani di inserimento lavorativo e per l’individuazione di possibili forme di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Tali attività, realizzate di concerto con gli Uffici provinciali del lavoro, le agenzie interinali e altre realtà territoriali, non sono state tuttavia mai portate a regime.

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