INANNA

February 23, 2025
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Il suo nome era  Enheduanna  e significa “ alta sacerdotessa, ornamento del dio  ( o della dea )”, vissuta nel  3285-3250 aC . circa.

Era figlia del famoso  re Sargon  e della  regina Tashlultum . Il nome di  Enheduanna  è stato scoperto su due grandi sigilli del periodo di  Sargon .

Entrambi i manufatti sono stati trovati nella necropoli reale di  Ur . Ma il manufatto più importante legato ad  Enheduanna  è un bellissimo disco di alabastro.

INANNA Enheduanna   -ERESHKIGAL



L’archetipo

Inanna è la più importante Dea sumera dell’antica civiltà mesopotamica.
Dea dell’amore, della fecondità e della bellezza, Inanna è regina dei cieli e della terra. E’ anche Dea del grano, della guerra, e dell’amore sessuale. La mitologia la descrive anche come guaritrice, donatrice di vita e compositrice di canzoni e poesie.
Inanna offre un’immagine di sè dalle tante sfaccettature simboliche che suggeriscono l’idea di un femminile completo, che va al di là della funzione materna.

Lei è contemporaneamente regina della terra e del cielo, della materia e dello spirito, dell’oscurità e della luce, dell’abbondanza della terra e guida celeste.
Guerriera, amante, madre, seduttrice, nella sua versione meno antica incarnava un femminile erotico e passionale:

il potente, regale e indipendente femminile dalle tante sfaccettature. Può rappresentare l’archetipo ideale della donna moderna, profondamente femminile, spesso madre e donna emancipata al tempo stesso, la donna “risolta”, che non ha paura di incontrare la sua ombra.

Per il sumerologo Samuel Noah Kramer, Inanna è la «divinità sumera più amata e venerata». Sotto il segno del femminino, si è dinanzi a una dea in cui vive l’intera cultura di Sumer, perché Inanna è inscritta nella totalità di cielo, terra e oltremondo.

Enheduanna  fu l’unica figlia femmina dei cinque figli di  Sargon . Di sua madre  Tashlutum  non si sa molto.

Era sicuramente la moglie legittima del sovrano e parlava la lingua accadica, mentre  Enheduanna  componeva in sumerico. Raggiunta l’età adulta, la giovane principessa venne consacrata al dio della luna  Nanna  con delle nozze sacre che si svolsero nel tempio di  Ur .

Questa cerimonia fonde, in un sincretismo perfetto, l’ Inanna  sumerica con l’ Ishtar  semitica e inaugurò un ruolo che venne seguito dalle principesse accadiche centinaia di anni dopo la caduta dell’impero accadico. 

L’arco esistenziale di Inanna è dunque un racconto poetico per frammenti, una narrazione a schegge in cui Wolkstein tratteggia una biografia divina.

L’esperienza di eros e del potere, nell’ Albero di huluppu , eco palese dell’ebraico Albero della vita, emerge come un fatto, il primo, della Creazione.

Nei «giorni primi», nei «primissimi giorni» della nascita del mondo, quando il «Padre fece vela,/Enki, il Dio della Saggezza, fece vela per l’oltretomba», il sentimento di eros e del potere infiamma Inanna.

E la lotta aperta con la natura, il conflitto tra le «acque dell’Eufrate» e l’«albero di  huluppu », strappato da Inanna al fine di essere portato con sé, fa dell’«albero» sacro l’oggetto di una contesa sovrumana tra il «serpente» e l’«uccello  Anzu » che lo abitano, e «Lilith» che «fece del tronco la sua casa».

«Io trassi l’albero dal fiume/E lo portai nel mio giardino sacro», nella confessione di Inanna al fratello Utu, che però le rifiuta il soccorso in occasione della pericolosa occorrenza, esprime la testimonianza vittoriosa di una donna non defraudata, non violata nella sua innocente volontà di unione simbolica . 

 

La riconquista della  res am issa  è affidata a Gilgamesh, l’eroe della celeberrima  Epopea , il fratello «guerriero» di Inanna, che nell’«albero di huluppu» taglia proprio il grande sogno della sorella, il «trono» del potere e il «letto» d’amore.

Con il «trono» tratto dall’«albero di huluppu», come in una metamorfosi mitologica, nella biografia poetica di Inanna Gilgamesh introduce il suo momento più regale.

Dall’«albero di huluppu» sgorga dunque un destino, si genera un atto di creazione divina. Esso origina da un desiderio, ricercare il «Padre», il «Dio della Saggezza» Enki, di cui Inanna è la «figlia». E ciò per ratificare, nella realtà del «trono regale», l’eredità del potere attraverso il simbolo dei «me». Essi sono i diversi poteri del regno di Inanna.

Troviamo qui i «me» della «discesa nell’oltretomba», il  topos  esemplare di  La discesa di Inanna .

Conquistare il destino, nei  Canti  significa attraversare il conflitto, avallare la pulsione della  libido dominandi . Per Inanna, i «me» sottratti a Enki identificato, come il sentimento dell’amore e del potere, la presa di coscienza che il potere reale equivale non a un bene ma alla catastrofe del mondo.

Genera dunque un disastro, da parte del derubato Enki, sia il tentativo di carpire a Inanna la «Barca del Cielo» con i «me» sia la volontà di ricondurre nuovamente a Eridu, il paese di Enki, tutti i poteri ormai giunti a Uruk, il paese di Inanna.

Inanna e le tavole del destino (Me)

Questo è il racconto mitologico attraverso cui i sumeri si spiegarono l’origine della loro civiltà.


Negli spazi incommensurabili degli abissi delle acque dolci vivere Enki, il dio della saggezza, e con lui vi erano le tavole del destino e vari strumenti magici apportatori di civiltà.

Questi erano i suoi tesori che custodivano al riparo dell’umanità. Sua figlia, l’astuta regina del cielo, ebbe pietà degli infelici esseri primitivi della terra e preparò la sua barca per recarsi alla dimora paterna.

Qui essa venne accolta grandiosamente con un banchetto colmo di cibi e vini. Enki poteva ben essere saggio ma amava sua figlia al di là della saggezza e così a tavola bevve una dopo l’altra le coppe che essa seguitava a offrirgli e poi, ebbro, le promessa tutto quello che desiderava.


Subito Inanna chiede le tavole del destino e cento altri strumenti di cultura.


Che cosa poteva fare un padre affettuoso se non soddisfare la richiesta della figlia? Inanna immediatamente caricò gli oggetti sulla barca del cielo e salpò per la sua città, Uruk.


Svegliatosi il giorno dopo dalla sua ebbrezza, Enki ricordò quello che aveva fatto e si pentì. Ma era reso inabile da un mal di testa tanto terribile quanto piacevole era stato il bere la sera prima. Così non poteva seguire la figlia finchè non fosse guarito. Intanto, naturalmente Inanna si era messa al sicuro nel suo regno e neppure i sette trucchi che Enki tentò di mettere in atto riuscirono a fargli recuperare i suoi tesori.


Queste tavole erano i basamenti su cui si fonda la civiltà, un insieme di leggi universali e immutabili, nonchè di limiti che devono essere osservati da uomini e dei.


Esse includevano concetti quali regno, sacerdozio, verità, vestiario, armi, l’arte di fare all’amore, la parola, la musica e la canzone, il potere e l’imbroglio, il viaggio, la scrittura, la paura, il giudizio, la decisionalità, le arti delle donne.

Attraverso questo dono Inanna si meritò il suo trono e la protezione della sua città.

Io, En-ḫedu-ana, reciterò una preghiera per te. A te, santa Inanna, darò libero sfogo alle mie lacrime come una birra dolce!

Enheduanna

L’Esaltazione di Inanna -Incipit

  1. Regina di tutti i me, troppo numerosi per tenerne il conto, che sorgi come una luce splendente
  2. Donna determinata, rivestita di fulgida radianza, amata da Anu ed Urash (la moglie di Anu),
  3. Prediletta di Anu, tu sei grande su tutti i sigilli
  4. Tu che ami la giusta corona, che è perfetta per il sacerdote,
  5. resa potente da tutti i suoi sette me …
  6. mia regina! Tu sei la custode di tutti i grandi me!
  7. Tu che hai preso i me, tu che hai tenuto i me nelle tue mani
  8. Tu hai riunito i me, tu li hai tenuti stretti al tuo petto.
  9. Come un drago, tu scagli veleno sulla terra del nemico.
  10. Nelle regioni dove saetti come il dio Ishkur (o Ninurta), Asnan non esiste più, secondo il tuo volere.
  11. Acque turbinanti inondano le terre del nemico
  12. Tu sei la Suprema in Cielo e in Terra, tu sei Inanna!

La storia di una Passione

Inanna vuole sposare un agricolo ma il fratello e la madre (complice del volere maschile)  la convincono a sposare il pastore  Dumuzi .

Inanna accetta riluttante, ma poi tra i due nasce la passione che rende la dea consapevole del suo potere erotico e istintuale.

IL testo che rivela le antichissime origini del connubio simbolico tra fertilità femminile e fertilità della terra, in un proliferare di immagini letterarie in cui il corpo (ei frutti) del mondo e il corpo (ei frutti) di uomo e donna tramutano uno nell’altro senza posa, spesso nello stesso verso.

Vegetazioni e carni si mescolano, acqua (sempre l’acqua!), latte, sudore, seme, birra, miele, fanno scorrere vita e nutrimento in corpi e piante senza soluzione di continuità.


Gli  studiosi  anglosassoni dibattono animatamente se con il poema di Inanna e Dumuzi siamo in presenza di   love poetry  o di  sex Lyrics  e se ciò che i sumeri indicavano con il segno cuneiforme  gal-la  vada tradotto con “vulva” o con “nudità, o con “pudenda”.

Comincia la Passione Fra INANANA e DUMUZI

Nelle prime battute la dea Inanna, Venere, si rivolge a suo fratello Utu, il Sole, il quale informa la sorella che è giunto il dio pastore Dumuzi, lo sposo prescelto per lei. La ferma obiezione iniziale di Inanna a tale unione, non tarderà a tramutarsi in accondiscendenza e desiderio, di fronte a Dumuzi deciso a far valere la propria candidatura al talamo nuziale:

« Il sorgere del litigio Accese il desiderio degli amanti.»

..Ecco la voce del mio diletto! Ecco, egli viene saltando sui monti, balzando sui colli.

Il mio diletto è simile a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro al nostro muro,
guarda dalle finestre, lancia occhiate attraverso l’inferriata.
Il mio diletto mi ha parlato e mi ha detto: «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!


Poiché, ecco, l’inverno è passato, la pioggia è cessata, se n’è andata.


I fiori appaiono sulla terra, il tempo del cantare è giunto, e nel nostro paese si ode la voce della tortora.
Il fico mette fuori i suoi fichi acerbi, e le viti in fiore diffondono una soave fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni.

O mia colomba, che stai nelle fenditure delle rocce, nei nascondigli dei dirupi, fammi vedere il tuo viso, fammi udire la tua voce, perché la tua voce è piacevole, e il tuo viso è letto».
Prendete le volpi, le piccole volpi che danneggiano le vigne, perché le nostre vigne sono in fiore.
Il mio diletto è mio, e io sono sua; egli pascola il gregge fra i gigli.


Prima che spiri la brezza del giorno e le ombre fuggano, ritorna, o mio diletto, e sii come una gazzella o un cerbiatto sui monti che ci separano.

…Come sei bella, amica mia, come sei bella! I tuoi occhi dietro al tuo velo sono come quelli delle colombe;
i tuoi capelli sono come un gregge di capre, che pascolano sul monte Galaad.


I tuoi denti sono come un gregge di pecore tosate, che tornano dal lavatoio; tutte hanno gemelli, e nessuna di esse è sterile.


Le tue labbra sono come un filo di scarlatto, e la tua bocca è graziosa; le tue tempie dietro al tuo velo sono come uno spicchio di melagrana.

Il tuo collo è come la torre di Davide, costruita per un’armeria, su cui sono appesi mille scudi, tutti scudi di uomini valorosi.

Le tue due mammelle sono come due cerbiatti, gemelli di gazzella, che pascolano fra i gigli Prima che spiri la brezza del giorno e le ombre fuggano, me ne andrò al monte della mirra e al colle dell’incenso.

Tu sei tutta bella, amica mia, e non c’è in te alcun difetto.


…. Quanto è piacevole il tuo amore, o mia sorella, sposa mia!
Quanto migliore del vino è il tuo amore e la fragranza dei tuoi olii profumati è più soave di tutti gli aromi!


O sposa mia, le tue labbra stillano come un favo di miele, miele e latte sono sotto la tua lingua,
e la fragranza delle tue vesti è come la fragranza del Libano.

La mia sorella, la mia sposa è un giardino chiuso, una sorgente chiusa, una fonte sigillata.
I tuoi germogli sono un giardino di melograni con frutti squisiti, piante di alcanna con nardo,
nardo e croco, cannella e cinnamomo, con ogni specie di alberi d’incenso, mirra ed aloe, con tutti i migliori aromi.
Tu sei una fonte di giardini, un pozzo di acque vive, ruscelli che scaturiscono dal Libano.

Lèvati, aquilone, e vieni, austro; soffia sul mio giardino, ei suoi aromi si effondano!
Entri il mio diletto nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti!***

Inanna parlò: Trascrizione Accadica

“Ciò che ti dico
Il poeta tessa in un canto.
Cio che ti dico
Passi dall’orecchio alla bocca
E dai vecchi ai giovani.
La mia vulva, il corno,
La Nave del Cielo,
E’ impaziente come la luna nuova.
La mia terra mai arata giace incolta.

Quanto a me, Inanna,
Chi arerà la mia vulva?
Chi arerà il mio alto campo?
Chi arerà il mio umido terreno?

Quanto a me, giovane donna,
Chi arerà la mia vulva?
Chi vi disporrà il bue?
Chi arerà la mia vulva?”

Dumuzi rispose:


“Grande Signora, il re arerà la tua vulva.
Io, Dumuzi il Re, arerò la tua vulva.”

Inanna disse:
“Ara dunque la mia vulva, o uomo del mio cuore!
Ara la mia vulva!”

In grembo al re si ergeva l’alto cedro.
Accanto a loro le piante crescevano alte.
Accanto a loro le spighe crescevano alte.
I giardini e gli orti lussureggiavano.

Inanna cantò:
“Egli è germogliato: egli è fiorito;
E’ lattuga seminata vicino all’acqua.
E’ il beneamato del mio grembo.

Il mio ricco orto del piano,
Il mio orto cresce alto nel solco,
Il mio melo coperto di frutti fino alla vetta,
Egli è lattuga seminata vicino all’acqua.

Sempre mi reca dolcezza il mio uomo dolce come il miele,
Il mio uomo dolce come il miele.
Il mio signore, dolcezza degli dei,
E’ lui il beneamato del mio grembo.
Miele è la sua mano, miele è il suo piede,
Sempre mi reca dolcezza.

Colui che impaziente, impetuoso, mi accarezza l’ombelico,
Colui che mi accarezza le morbide cosce,
E’ lui il beneamato del mio grembo,
Egli è lattuga seminata vicino all’acqua.”

Dumuzi cantò:


“O Signora, il tuo seno è il tuo campo.
Inanna, il tuo seno è il tuo campo.
Il tuo ampio campo è rigoglioso di piante.
Il tuo ampio campo trabocca di spighe.
Dall’alto si riversano le acqua sul tuo servo.
Dall’alto si riversa il pane sul tuo servo.
Versa per me, Inanna.
Io berrò tutto cio che tu offri.”

Inanna cantò:
“Fai il tuo latte dolce e spesso, mio sposo.
Mio pastore, io berrò il tuo latte appena munto.
Toro selvaggio, Dumuzi, fai il tuo latte dolce e spesso.
Io berrò il tuo latte appena munto.

Che il latte della capre scorra nel mio ovile.
Riempi la sacra zangola di formaggio con miele.
Signore Dumuzi, io berrò il tuo latte appena munto.

Mio sposo, io custodirò il mio ovile per te.
Custodirò la tua dimora di vita, il magazzino,
Il luogo di tremulo splendore, delizia di Sumer,
La casa ove si decide il destino del paese,
La casa che dona al popolo il respiro vitale.
Io, Regina del palazzo, custodirò la tua casa.”

Dumuzi parlò:
“Sorella, voglio condurti nel mio giardino.
Inanna, voglio condurti nel mio giardino.
Voglio condurti nel mio frutteto.
Voglio condurti al mio melo.
Là io voglio deporre dolce seme, coperto di miele.”

Inanna parlò:


“Mi hai condotto nel tuo giardino.
Il mio fratello, Dumuzi, mi ha condotto nel suo giardino.
Ho passeggiato con lui fra gli alberi ritti,
Ho sostato con lui fra gli alberi caduti,
Presso un melo mi sono inginocchiata, come è uso.
Davanti a mio fratello, che giunse cantanto,
Che si levò di fra le foglie di pioppo,
Che venne a me nel calore del meriggio.
Davanti al mio signore Dumuzi,
Ho versato piante dal mio grembo.
Ho deposto piante davanti a lui,
Ho versato piante davanti a lui,
Ho deposto spighe davanti a lui,
Ho versato spighe davanti a lui,
Ho versato spighe dal mio grembo.”

Inanna cantò:
“La notte scorsa, mentre io, Regina, splendevo lucente,
La notte scorsa, mentre io, Regina del Cielo, splendevo lucente,
Mentre splendevo lucente e danzavo,
Cantando lodi al calare della notte,

Egli è venuto a me, egli è venuto a me!
Il mio signore Dumuzi è venuto a me.
Ha posto la sua mano nella mia mano.
Ha premuto il suo collo contro il mio.

Il mio sacerdote è pronto per i sacri lombi.
Il mio signore Dumuzi è pronto per i sacri lombi.
Le piante e le erbe del suo campo sono mature.
O Dumuzi! La tua pienezza è la mia delizia!”

Ella lo chiese, ella lo chiese, ella chiese il talamo!
Ella chiese il talamo che fa esultare il cuore.
Ella chiese il talamo che addolcisce i lombi.
Ella chiese il talamo del re.
Ella chiese il talamo della regina.
Inanna chiese il talamo:
“Si prepari il talamo, il talamo che fa esultare il cuore.
Si prepari il talamo che addolcisce i lombi.
Si prepari il talamo del re.
Si prepari il talamo della regina.
Si prepari il talamo regale!”

Inanna parlò:


“Il mio amato, delizia dei miei occhi, mi è venuto incontro.
Insieme ci siamo rallegrati.

Egli ha preso piacere da me.
Mi ha portato nella sua casa.
Mi ha distesa sul fragrante letto di miele.
Il mio dolce amore, adagiato presso il mio cuore,
Giocando con la lingua, una volta dopo l’altra,
Il mio bel Dumuzi cinquanta volte l’ha fatto.

Ora il mio dolce amore è sazio.
Ora dice:
‘Lasciami libero, sorella mia, lasciami libero.
Sarai la bimba di mio padre.
Suvvia, amata sorella, voglio andare al palazzo.
Lasciami libero…’”

Inanna parlò:
“O mio portatore di gemme, la tua seduzione era dolce.
O mio portatore di gemme nel meleto,
O mio portatore di frutti nel meleto,
Dumuzi-abzu, la tua seduzione era dolce.

O mio impavido,
Mia sacra statua,
Mia statua cinta della spada e del diadema di lapislazzuli,
Com’era dolce la tua seduzione…”

Si lavò e si unse con olio profumato.
Indossò la candida veste regale.
Apprestò la sua dote.
Si cinse il collo dei preziosi grani di lapislazzuli.
Prese in mano il suo sigillo.

Dumuzi attendeva ansiosamente.

Io, la mia vulva, il mound ammonticchiato in cui vi è acqua.
Io che sono la vergine, chi lo arerà?
La mia vulva luogo bagnato in cui vi è acqua,
Io che sono la signora, un toro chi lo farà stare li?
“Signora, il re la arerà per te,
30 Possa Dumuzi ararla per te”
I miei genitali ara, uomo che sei del mio cuore,
[…] i santi lombi lustrò con acqua
[…] che sono splendente, il lavabo splendente […]

 

L’uomo ha di certo portato, l’uomo ha di certo portato, un monticello di pietre da
cui scegliere ha portato
La vergine Inanna l’uomo ha di certo portato, un monticello di pietre tra cui
scegliere ha portato.
Dal monticello, al suo petto, lapislazzuli ha raccolto,
10 Dal monticello, per Inanna, al suo petto, lapislazzuli ha portato.
Perle per le natiche ha scelto, sulle sue natiche le ha piazzate,
Inanna perle per la testa ha scelto, sulla testa le ha poste,
Ha scelto blocchi di lapislazzuli verdi, li ha posti sulla nuca,
Gioielli a forma di vulva d’oro ha scelto, li ha posti sui capelli della testa.
15 Oro sulle orecchie sottili ha scelto, li ha posti sulle orecchie,
Ha scelto gocce di bronzo brunito, le ha poste sui suoi lobi,

Mio sposo abbracciamoci!
Vieni! Possiamo gioire nel gioco!
Mio Amaušum abbracciamoci!
5’ Vieni! Possiamo gioire nel gioco!
Il compagno di An, il signore, il desiderio del mio cuore,
Possa tu che sciogli le briglie e addolcisci il cuore, essere il nostro Utu
Lascia che io vada dal signore e gli parli
Al signore del mio cuore io parlerò così:
10’ “Al fianco di Enlil […] tu hai stabilito il tuo seggio
Mio padre Suen ti ha scelto nel suo cuore
Io stessa ti ho scelto nel mio cuore, tu sei l’uomo del mio cuore.
La buona corona e il diadema sacro ho posizionato sul tuo capo
I grandi dei, tu starai di fronte a loro
15’ Gli dei Anunna che splendono sugli uomini.
Mio sposo abbracciamoci!
Sul letto lussureggiante stendiamoci insieme!
Mio Amaušum abbracciamoci!
Sul letto lussureggiante stendiamoci insieme!

Il mio letto fiorito sia preparato,
Sia asperso di erbe e lapislazzuli lucidi
Sia portato a me l’uomo del mio cuore!
Il mio Amaušumgalanna Sia portato a me!
Sia messa la sua mano nella mia per me!
45 Sia accostato il suo cuore al mio cuore per me!
Con il suo mettere la sua mano sotto la mia testa anche il sovrano è deliziato,
Con il suo appressare il suo cuore al mio cuore, anche il piacere è molto dolce!”

Mia madre che mi ha portata in grembo mi ha concepita per te.
La mia Ningal mi ha messa al mondo per te,
[…] il mio cuore amato verrà,
Alla casa di mio padre il mio cuore amato verrà!
5 Possa il pastore venire da me io gioirò su di lui!
Possa Dumuzi venire da me e io gioirò su di lui!

Inanna parlò:
“Ciò che ti dico
Il poeta tessa in un canto.
Cio che ti dico
Passi dall’orecchio alla bocca
E dai vecchi ai giovani.
La mia vulva, il corno,
La Nave del Cielo,
E’ impaziente come la luna nuova.
La mia terra mai arata giace incolta.

Quanto a me, Inanna,
Chi arerà la mia vulva?
Chi arerà il mio alto campo?
Chi arerà il mio umido terreno?

Quanto a me, giovane donna,
Chi arerà la mia vulva?
Chi vi disporrà il bue?
Chi arerà la mia vulva?”

Dumuzi rispose:


“Grande Signora, il re arerà la tua vulva.
Io, Dumuzi il Re, arerò la tua vulva.”

Inanna disse:
“Ara dunque la mia vulva, o uomo del mio cuore!
Ara la mia vulva!”

In grembo al re si ergeva l’alto cedro.
Accanto a loro le piante crescevano alte.
Accanto a loro le spighe crescevano alte.
I giardini e gli orti lussureggiavano.

Inanna cantò:
“Egli è germogliato: egli è fiorito;
E’ lattuga seminata vicino all’acqua.
E’ il beneamato del mio grembo.

Il mio ricco orto del piano,
Il mio orto cresce alto nel solco,
Il mio melo coperto di frutti fino alla vetta,
Egli è lattuga seminata vicino all’acqua.

Sempre mi reca dolcezza il mio uomo dolce come il miele,
Il mio uomo dolce come il miele.
Il mio signore, dolcezza degli dei,
E’ lui il beneamato del mio grembo.
Miele è la sua mano, miele è il suo piede,
Sempre mi reca dolcezza.

Colui che impaziente, impetuoso, mi accarezza l’ombelico,
Colui che mi accarezza le morbide cosce,
E’ lui il beneamato del mio grembo,
Egli è lattuga seminata vicino all’acqua.”

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