IUGOSLAVIA

March 27, 2020
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La NATO in Jugoslavia: dalla guerra al colpo di Stato

L’intervento Nato si spiegava con l’imperativo di porre fine ad una deliberata campagna di oppressione, pulizia etnica e violenze intrapresa nella regione del Kosovo dal regime jugoslavo contro i propri cittadini di origine albanese.

A Belgrado scoppia la bufera dopo la firma dell’Accordo con la NATO per il passaggio dei suoi militari sul territorio della Serbia e Montenegro. Il settimanale Vreme mette a nudo le strumentalizzazioni politiche su un accordo che a suo tempo aveva firmato anche Milosevic

Il contrasto che è scoppiato due settimane fa, dopo la visita del segretario generale del Patto nord atlantico Jaap de Hop Scheffer a Belgrado, non si è ancora placato. Durante la visita Scheffer si è incontrato separatamente col presidente federale Svetozar Marovic, col presidente della Serbia Boris Tadic, col premier Vojislav Kostunica e col ministro degli esteri Vuk Draskovic. Ovviamente, si è parlato soprattutto del generale latitante Ratko Mladic la cui l’assenza è tuttora di ostacolo per l’ingresso della SCG (Serbia e Montenegro, ndt.) nella Partnership per la pace e nella NATO. Nella stessa occasione Draskovic e Scheffer hanno firmato un accordo con il quale si permette ai soldati della NATO la libera circolazione sulle strade della Serbia, prima di tutto nel caso ci siano dei seri disordini in Kosovo. Ma, mentre per alcuni un tale accordo rappresenta un passo in più verso l’integrazione della SCG nella più forte alleanza militare, per gli altri rappresenta un atto di tradimento, o quantomeno una violazione della procedura e dell’autorizzazione del ministro federale. Il blocco patriotico, con a capo il Partito radicale serbo, ha già iniziato la procedura per la revoca di Draskovic, con l’appoggio dei socialisti che minacciano il rovesciamento del governo se il ministro non dovesse essere sostituito. E mentre Draskovic e il ministro della difesa Prvoslav Davinic cercano costantemente di spiegare i lati positivi dell’accordo, il Governo non mostra alcuna intenzione di difenderli; anzi, dalle dichiarazioni di alcuni ministri si potrebbe concludere che siano inclini ad essere d’accordo con i patrioti. Sebbene per adesso non ci siano segni che il Governo si stia preparando ad annullare l’accordo, sembra che Draskovic per l’ennesima volta si sia trovato in un vortice politico, al centro di un affaire pompato e, stando agli indizi, montato.

Nonostante l’accordo sia stato firmato il 18 luglio, c’era bisogno che passassero alcuni giorni per sollevare la bufera. E’ successo soltanto quando alcuni giornali belgradesi hanno iniziato a pubblicare alcune parti dell’accordo, spesso accompagnate da libere interpretazioni e da una forte dose di sensazionalismo. Ciò che è risultato più evidente per una parte dell’opinione pubblica locale sono le disposizioni secondo le quali i soldati della NATO possono, senza pagare, usare le strade, le ferrovie e gli aeroporti sul territorio della SCG; che non saranno sottoposti ai controlli doganali e di polizia; e infine, che godranno dell’immunità rispetto agli organi della polizia locale e degli organi legali, il che vuol dire, per esempio, che se provocassero un incidente stradale, non potranno essere messi in prigione né i tribunali della SCG potranno fargli un processo.

Cosa ci faranno

La stampa del boulevard (tabloid, ndt.), che durante la siccità estiva è sempre assetata di scandali e di affaire, non ha esitato un attimo a qualificare l’accordo “vergognoso”, persino traditore, con sensuali descrizioni sulla prepotenza alla quale si stanno preparando i soldati della NATO, in modo impunibile, nei confronti della popolazione impotente. La deputata della SCG Gordana Pop-Lazic ha previsto che “In Serbia presto passeggeranno i soldati della NATO senza uniformi, ma con le armi, che potranno ucciderci dietro ogni angolo”. Alcuni si sono “ricordati” che la motivazione per i bombardamenti nel 1999 era il rifiuto della nostra delegazione di firmare l’accordo di Ramboullet, apparentemente proprio perché vi erano contenute alcune decisioni simili all’accordo firmato da Draskovic (Milosevic nella sua difesa all’Aia ha sottolineato spesso che l’accettazione di tali condizioni avrebbe significato concedere un’occupazione della Serbia). Invano il vice del ministro della difesa Pavle Jankovic ha spiegato che i soldati della NATO dovranno annunciare ogni loro passaggio sul territorio della SCG, e che la decisione sull’immunità non li proteggerà dal fatto che nei loro Paesi potranno essere processati per i crimini che eventualmente commetteranno qua: la parola “tradimento”, per l’ennesima volta messa in circolazione, di nuovo ha diviso l’opinione pubblica in patrioti e gli altri, spostando la discussione oltre i limiti della buona educazione e della sanità mentale.

L’opinione pubblica, invece, è stata maggiormente confusa dalle reazioni del Governo, che per l’ennesima volta si è mostrato non informato. Dopo le reazioni sommesse sotto forma di dichiarazioni che di questo accordo sono venuti a conoscenza solo a firma avvenuta, il Governo in modo categorico ha smentito di aver mai deciso sull’accordo: “Nessun ministero, né il Ministero della giustizia, né il Ministero delle finanza né il Ministero degli affari interni, ha fornito un parere positivo sull’accordo con la NATO, né ha visto la versione definitiva di tale accordo”, ha detto il 22 luglio Srdjan Djuric, il capo dell’Ufficio del Governo per la collaborazione con i media. Il ministro Davinic, invece, ha affermato il contrario: “La bozza dell’accordo è stata inviata ai ministeri competenti dei due stati membri della federazione statale, dunque alla Serbia e al Montenegro, al Ministero della giustizia, al Ministero delle finanze e alla Dogana, visto che si trattava di alcuni privilegi dell’immunità coi quali tali ministeri debbono essere d’accordo. Sono state ricevute anche le risposte positive da parte di tali ministeri. In base a ciò il Ministero degli esteri ha proposto di approvare la piattaforma per le trattative con la NATO”, ha detto Davinic. Dal gabinetto di Draskovic è arrivata una nota per rammentare che il giorno dopo la firma dell’accordo, alla riunione dedicata alla situazione del Kosovo, Marovic, Tadic, Kostunica e il presidente del Centro di coordinamento Nebojsa Covic hanno appoggiato l’accordo. Il Governo ha smentito anche questo, lo stesso ha fatto anche Covic, che all’inizio affermava come Draskovic avesse violato la procedura, per dire poi che il capo della diplomazia della SCG “è una vittima politica di qualcuno”.

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