Algeria Trip Notes

January 1, 2019
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È la terra dei tuareg e del deserto, delle dune e del granito. È stata abitata da romani, ebrei, berberi, cristiani, africani e arabi, lasciando il più vasto patrimonio monumentale del continente africano.”
– Magdi Allam –

Walking Around Algeri

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In virtù dell’enorme estensione del suo territorio, l’Algeria costituisce il punto di congiunzione tra due mondi del tutto diversi: la sterile vastità del Sahara che termina solamente ai margini delle savane dell’Africa nera, e l’Africa ancora mediterranea, dove il blu del mare trascolora nel bianco delle case di Algeri. È una terra dalla dimensione inconsueta, permeata di una bellezza per molti versi inaspettata e in gran parte ancora da scoprire.
 
 

Walking Around Algeri

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Riguardo la sicurezza in Algeria per molti anni, nela stampa occidentale, vi è stata una narrazione “incomprensibile”

Come se fosse la terra dei terroristi o del pericolo quotidiano. 

Avendola visitata in diverse occasioni ed in tempi diversi, Personalmente smentisco questo timore. Anzi, ho incontrato.

Certamente negli anni Ottanta AI CONFINI vi sono state differenti azioni di “sconfinamento” (nella regione di Bejaia), nel nord dell’Algeria, Operate da diverse sigle Fintoterroristiche” immaginate dal Governo Francese che Ancora oggi non riesce a immaginare come l’abbia potutto PERDERE: Tuttavia ripeto, Io personalmente attraversando tutta ho incontrato un paese splendido GENTILE  E SICURO

Le femministe algerine al Salone del libro più grande d’Africa

Al Salone internazionale del libro d’Algeri si è propagata per giorni un’onda femminista tra gli stand e padiglioni di oltre mille case editrici. È la fiera del libro più grande del continente africano e del mondo arabo e, dopo due anni di pandemia, più di un milione di visitatori e visitatrici hanno varcato l’ingresso dell’esposizione. Numeri già consolidati da anni – il salone si è svolto tra il 24 marzo e il 1 aprile ed è alla sua venticinquesima edizione – ma che nessuno tra organizzatori ed editori si aspettava dopo la chiusura causata dal covid e una crisi socioeconomica in corso. Oltretutto a ridosso del mese di Ramadan, durante il quale le spese per cibo e vestiti aumentano. “La partecipazione del pubblico algerino ci ha stupito”, racconta Selma Hellal, fondatrice insieme a Sofiane Hadjadj della casa editrice Barzakh. “Un flusso regolare di persone curiose, interessate, che chiedono titoli che già conoscono”.

 

 

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Maya Oubadi, 33 anni, anche lei fondatrice ed editrice della piccola e preziosa Editions Motifs, era impaziente ed emozionata soprattutto per la presentazione della loro nuova rivista femminista bilingue, La Place, in arabo algerino El Blasa (il posto). “La rivista è appena nata, il numero zero è stato lanciato l’8 marzo”, ha esordito. “Da tempo però mi chiedevo: che cosa manca nell’offerta editoriale? Volevo creare qualcosa che non trova spazio altrove. E la risposta era evidente: il femminismo, i racconti femministi, il posto, la place appunto, per il pensiero femminista. Percorsi di militanti e lotte del passato e del presente, ma anche profili, esperienze di donne che non ti aspetteresti di leggere”. Ed è così che insieme alla sua amica Saadia Gacem, antropologa del diritto e attivista che collabora all’Archivio di lotte di donne in Algeria, hanno messo su una rivista dai colori accesi perché così volevano apparire: con grandi caratteri per non rischiare di essere invisibili, al contrario prendersi tutto lo spazio possibile.

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“Oggi le ragazze sono più consapevoli. Sono femministe senza sapere di esserlo”

Selma Hellal, una delle fondatrici delle edizioni Barzakh, la propria epifania l’ha avuta quando, proprio nel periodo in cui cominciava l’hirak nel 2019, si è ritrovata tra le mani un testo sullo stupro, scritto dall’autrice algerina Souad Labbize.

“Questi momenti nella vita di un editore sono davvero pochi. Il breve, poetico, efficace testo di Labbize si è imposto su di me”, racconta Hellal, interrotta spesso da lettori e lettrici al suo stand di Barzakh. “Nei momenti di crisi, come editrice mi sono chiesta spesso a che servisse pubblicare testi, cosa può mai cambiare.

Nei giorni dell’hirak ho dato un senso a queste domande e non solo ho pubblicato Dire le viol (dire lo stupro) in arabo e francese, ma ho cominciato a distribuirlo gratuitamente. La riflessione dolorosa, l’urlo di questa scrittrice nell’impossibilità di dirlo a sua madre mi ha fatto pensare che tutti dovessero leggerlo. Era il mio modo di partecipare alla rivoluzione”.

L’eco suscitata dal testo è stata confermata a distanza di tre anni quando l’ha contattata al telefono una donna che in tono di rimprovero le ha detto: “E perché non l’hai distribuito pure agli imam nelle moschee?”.

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