Inanna3

May 18, 2025
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INANNA, REGINA DEL CIELO E DEA DELL’AMORE

Avvieremo con questo Blog, una esplorazione attorno alla Creazione. 

Comprendere cioè, a parte tutte le narrazioni, le origini della nostra esistenza. Il significato che il Creatore ha voluto dare alle creature che ha voluto impiantare in questo pianeta, fra i più piccoli dell’Universo che noi chiamiamo Terra.

Gli unici strumenti che abbiamo sono le scritture Storiche. tenteremo quindi di operare, in analisi sequenziale. attraverso tutte i documenti più antichi che ci sono pervenuti; a partire dalle scritture religiose Tutte; riportandone i contenuti Originari e commentandole  insieme a voi in maniera Asettica

Cominciamo Con Inanna

La dèa degli inferi Inanna raffigurata come “Queen Of The Night” (“La regina della notte”). Originariamente catalogata come “rilievo Burney”,

questa immagine fa parte della collezione Norman Colville ed è conservata al British Museum di Londra.

La donna più presente in tutta la storia millenaria dei Sumeri, la più leggendaria e mitologica, la più misteriosa

Inanna era un’antica dea sumera, “Anunna” dell’amore, della sensualità, della fertilità, della procreazione e della guerra.

Denominata successivamente “Ištar” dagli Accadi, dagli Assiri e dai Babilonesi, è identificata successivamente dagli Ittiti con “Šauška”, “Astarte” dai Fenici (un’altra traslitterazione è “Ashtart”; nella lingua ebraica biblica il suo nome è עשתרת (traslitterato Ashtoreth), in ugaritico ‘ṯtrt – anche ‘Aṯtart o ‘Athtart, traslitterato Atirat – e in accadico è As-tar-tu); ella era Afrodite per i Greci e Venere per i Romani.

Ma anche Dea dell’amore, della fecondità e della bellezza, Inanna è regina dei cieli e della terra. E’ anche Dea del grano, della guerra, e dell’amore sessuale. La mitologia la descrive anche come guaritrice, donatrice di vita e compositrice di canzoni e poesie, dell’oscurità e della luce, della materia e dello spirito, ed infine come GUIDA CELESTE..

Le tante sfaccettature simboliche che suggeriscono l’idea di un femminile completo, che va al di là della funzione materna.

Guerriera, amante, madre, seduttrice, nella sua versione meno antica incarnava un femminile erotico e passionale: il potente, regale e indipendente femminile dalle tante sfaccettature.

Può rappresentare l’archetipo ideale della donna moderna, profondamente femminile, spesso madre e donna emancipata al tempo stesso, la donna “risolta”, che non ha paura di incontrare la sua ombra.

In tutti i racconti antichi viene associata al pianeta Venere, il qual fatto permette di associare il suo nome a quello di “Signora della Luce Risplendente“.

L’iconografia della dea è associata anche alla stella a otto punte (un simbolo che si ritrova successivamente nell’iconografia cristiana correlato alla Vergine Maria).

Il simbolo della stella a otto punte rievoca il fatto che il pianeta Venere ripercorre le stesse fasi in corrispondenza di un ciclo di 8 anni terrestri, cosa già ampiamente conosciuta dagli astronomi in epoca sumera.

La più antica attestazione del nome di questa antica divinità è riscontrabile in alcune tavole di argilla rinvenute nell’antico complesso templare dell’Eanna (nell’antica città sumera di Uruk) e risalenti ai periodi del tardo Uruk-Gemdet Nasr, quindi intorno al 3.400-3.000 a.C., risultando tracciato con i segni più antichi come i pittogrammi, mentre quelli le indicazioni più recenti sono riportate in maniera più astratta.

Inanna è considerata come una delle più importanti divinità di tutto il vasto Pantheon mesopotamico. In alcuni miti viene descritta come figlia del dio del cielo ANU, il padre degli Anunnaki, divinità suprema del vasto Pantheon mesopotamico, mentre in altri appare come figlia di Nanna/Sin, Dio della luna e della saggezza, e in altri ancora è indicata come figlia del Dio Enki.


Come figlia di Nanna, era la sorella gemella dell’Anunna solare Utu/Shamash.

Era soprannominata dai sumeri “Anunita” (o Anunitu), poiché era la preferita del grande Anu, il padre degli dèi che dimorava in cielo e che usava giacere con lei quando veniva in visita sulla terra.

Attraverso le opere scritte dall’alta sacerdotessa e poetessa Enheduanna (2.285-2.250 a.C.), figlia del mitico Re Sargon iniziatore della leggendaria dinastia di Akkad (2.334-2.279 a.C.), Inanna fu assimilata ad Ishtar e identificata come una divinità della vegetazione e della rinascita.

La dea appare in molti antichi miti mesopotamici, in particolare quello di Inanna e dell’albero di Huluppu (un mito della creazione dell’inizio), di Inanna e del Dio della Sapienza (in cui lei porta la conoscenza e la cultura alla città di Uruk, dopo aver ricevuto i doni – i ME – dal Dio Enki [mentre questi era ubriaco]), del corteggiamento di Inanna e Dumuzi (la storia del matrimonio di Inanna con il dio-vegetale o della vegetazione) e nel poema più noto come “La discesa di Inanna” (circa 1.900-1.600 a.C.), nel quale la Regina del Cielo viaggia nel mondo sotterraneo, dimora della sorella Ereshkigal.

INANNA E L’ALBERO DI HULUPPU

Nel noto racconto di “Inanna e l’albero di Huluppu” si narra che la dea avesse trovato un albero chiamato “Huluppu” sulle sponde del fiume Eufrate che era stato sradicato dall’erosione dell’acqua;

ella lo prese con sé per piantarlo nel suo giardino con l’intenzione di utilizzarne la legna per creare il proprio trono e il proprio letto. Dopo dieci anni però, quando l’albero era cresciuto, non poté essere più utilizzato per quello scopo.

“Quindi un serpente, che non può essere incantato
fece il suo nido tra le radici dell’albero Huluppu.
L’uccello Anzu mise i suoi piccoli tra i rami dell’albero
e la vergine oscura Lilith costruì la sua casa nel tronco

Inanna, la giovane dea che sorrideva sempre, a questo punto pianse a dirotto ma non risolse la situazione.

Chiamò in aiuto il fratello Utu/Shamash che però non l’aiutò, e così si rivolse al grande eroe semi-divino Gilgameš che, dotato di una forza fuori dal comune, colpì il serpente tra le radici; l’uccello Anzû fuggì quindi insieme ai suoi piccoli verso le montagne e lo stesso fece anche Lilith che si diresse verso i luoghi selvatici.

Consegnato l’albero Huluppu alla dea, ella trattenne per sé le sue radici che trasformò in pukku (tamburo) e traendo dai suoi rami il mekku (le bacchette per suonare il tamburo).


Impadronitosi di questo strumento musicale, costrinse i giovani di Uruk a danzare al suo ritmo fino allo sfinimento. Giunta la sera, posò lo strumento, ma il pukku e il mekku precipitarono agli Inferi.

Questo racconto è particolarmente interessante perché in esso possiamo osservare la presenza di “Lilith”, una figura molto nota nella cultura Mesopotamica e che poi sarebbe diventata nelle leggende ebraiche addirittura la prima moglie di Adamo, precedendo dunque “Eva”, considerata dall’esegesi cristiano-cattolica la “prima donna” ovvero la capostipite dell’umanità di genere femminile. 

Lilith dunque potrebbe essere stata assorbita dalla cultura ebraica direttamente dal corpus letterario babilonese durante la prigionia (cattività) in Babilonia, così come da altri culti ed antichi eventi rimasti nella memoria,

come ad esempio il Diluvio universale presente nell’”Epopea di Gilgameš” e altri fatti narrati sopratutto nel libro della Genesi.

Lilith nella cultura Ebraica

 

Nonostante nei libri ebraici canonici si sia cercato di eliminare ogni traccia di politeismo e tutti i documenti sacri pre-biblici siano stati distrutti o andati perduti, la Bibbia conserva tuttora importanti tracce di antichi dei e dee sotto le sembianze di uomini e donne o esseri extra-umani quali angeli, mostri o demoni: 

 

Samael, per citare un esempio celebre, sarebbe storicamente il dio di Samal, piccolo regno hittita-aramaico, che nel mito ebraico acquisisce il titolo di “Satana” (nemico) e “grande accusatore” insieme a un altro angelo caduto, “Lucifero figlio dell’alba”, e al serpente che nel giardino dell’Eden cospirò per la caduta di Adamo.

Persino Eva, la “madre di tutti i viventi” (Genesi III, 20, sebbene l’etimologia resti incerta) viene identificata dagli storici con la dea Heba, moglie del dio-tempesta hittita raffigurata a cavallo di un leone, che in Grecia diventa Ebe compagna di Eracle.

La versione più antica accennerebbe a Lilith quale adoratrice di Anat, divinità cananea che consentiva promiscuità prematrimoniali e contro la quale i profeti più volte si scagliano ammonendo le donne israelite a non seguirne gli usi.

La derivazione è assiro-babilonese: lilitu, demone femmina o spirito del vento che nel secondo millennio diventa Lillake, quale compare su una tavoletta sumera di Ur recante la storia di Gilgamesh e il salice. Qui sarebbe una demonessa che abitava nel tronco di un salice che sorgeva sulla riva dell’Eufrate e di cui aveva cura la dea Inanna (Anath).

Dunque Lilith, la donna creata dopo che Adamo ebbe a lamentarsi con Dio della sua solitudine, generò con il suo sposo innumerevoli demoni tra cui Asmodeo. Ma i due non ebbero mai pace insieme: quando lui voleva giacere con lei, lei si offendeva per la posizione impostale sotto di lui, rivendicando la sua parità, e quando Adamo volle farsi ubbidire con la violenza, lei mormorò il sacro nome di Dio tra le labbra, spiccò il volo e lo abbandonò.

Volarono da lei i tre angeli Senoy, Sansenoy e Semangelof, che la trovarono sulle sponde del Mar Rosso, in compagnia di lascivi demoni con i quali concepiva innumerevoli lilim ogni giorno. La fuga di Lilith presso il mar Rosso richiamerebbe l’antica credenza ebraica dell’acqua che attrae i demoni: anche Asmodeo, insieme ad altri «tortuosi e ribelli demoni», oltrepassò il mare per rifugiarsi nella parte più lontana dell’Egitto, dopo aver strangolato il primo marito di Sarah.

Madre è l’altro nome di Dio

Lilith non volle tornare indietro, come le intimarono i tre angeli. A nulla valsero le minacce di morte poiché lei era già un’entità extra-umana: a lei Dio aveva infatti affidato i bambini e le bambine fino al rito di passaggio previsto l’ottavo giorno di vita per i primi, a vent’anni per le seconde. Entro questo termine, i bambini correvano quindi il rischio di imbattersi nel suo ambiguo potere e da questo dovevano essere protetti, con amuleti e formule diffusissime in molte comunità ebraiche. 

Diversi erano i riti di protezione per bambini, soprattutto neonati maschi, nei quali ricorre il nome di Lilith o la sua vicenda mitica, dal nome dei tre angeli vergati sulla soglia al cerchio tracciato col carbone sul muro della stanza del parto. Ma se, nonostante le precauzioni, Lilith riesce ad avvicinarsi al bambino mentre dorme e lo accarezza, lui ride nel sonno…

Alla fine i tre angeli acconsentirono a lasciarla stare, ma vollero punirla uccidendo da allora in poi cento lilim al giorno. Alcuni affermano che Lilith regnò come regina Sheba (Saba) e a Zmargad ovvero smaragdos, la preziosa acquamarina, che giustifica la sua dimora in fondo al mare e richiama il daimon Smaragos nominato in un epigramma omerico. In ogni caso il destino di Lilith fu molto diverso da quello di Adamo, con il quale non condivise la caduta essendosi separata da lui molto tempo prima.

Suo nuovo compagno fu il demone Samael: nel trattato mistico Zohar – Sefer ha-zohar, l’enigmatico Libro dello splendore scritto probabilmente nella Spagna del XIII secolo e testimonianza preziosa del giudaismo dei primi secoli dell’era volgare – Samael è il principe dei diavoli che cavalca con Lilith in spirali di tenebra, talvolta nelle sembianze di un cammello, talvolta di un serpente, simbolo al tempo stesso di tentazione e, astralmente, dell’eclissi della luce. 

Spira dopo spira, dall’amplesso infernale il fumo della malvagità si diffonde in tutto il mondo (Zohar II, 242b-244b). In un altro brano (III, 281b) si narra come Lilith sia nata nel periodo di oscuramento della luna, quando lo splendore dell’astro non stempera il buio della notte:

Lilith nella genesi assume un ruolo contraddittorio

Mentre Nell’antica Tradizione ebraica, Lilith era la prima moglie di Adamo, dunque precedente ad Eva.

Lilith non è menzionata in nessuno dei due diversi racconti della Genesi presenti nel Vecchio Testamento, ma assume un ruolo di primo piano nella Cabala Ebraica.

Secondo i testi cabalistici, Lilith sarebbe stata la prima vera donna, creata, a differenza di Eva, dalla Terra e non da una costola di Adamo.

Dunque Lilith nasce come Adamo e quindi, in questa antichissima Tradizione, la donna è pari all’uomo e, nella stesura della Genesi, si capisce che questo non poteva essere gradito alla mentalità semitica degli autori.

Gli antichi racconti ci dicono che Ella fu ripudiata e cacciata via da Adamo perchè si rifiutò di obbedirgli.
Leggiamo nell’Alfabeto di Ben-Sira:

“Ella disse: non starò sotto di te. Ed egli disse: ed io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra”.

Il racconto prosegue descrivendo come Lilith pronunciò infuriata il nome di Dio ed abbandonò il Giardino dell’Eden.
Lilith dunque non mangiò come Adamo ed Eva il frutto proibito, per cui rimase un essere immortale.
Sempre secondo la Tradizione cabalistica, Lilith si accoppiò in seguito con Asmodai (Asmodeo) e con altri demoni.
Anche Asmodai è una figura preesistente all’Ebraismo, probabilmente di origine iranica.

Da questi accoppiamenti nacquero degli esseri superiori, i jiinn, entità intermedie tra il mondo angelico e quello umano.

Alcune Tradizioni Esoteriche ci dicono che fu Lilith che, sotto forma di serpente, indusse Eva a mangiare il frutto dell’albero proibito.

E’ facile intuire perchè la Tradizione Ebraica ufficiale consideri Lilith un Demone.

<In realtà questa figura rappresenta una differente figura della donna, un essere con pari dignità dell’uomo, diversa da tutta la concezione dell’Antico Testamento.>

 

Il fatto è che nella regione mesopotamica esisteva un racconto della creazione molto più antico, dal quale hanno poi attinto gli autori della Genesi.

Abbiamo già ricordato che nella Bibbia esistono due racconti della Genesi.
Nel primo, più antico, leggiamo:

“Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” – “Dio creò l’uomo a sua immagine. A immagine di Dio li creò. Maschio e femmina li creò”.

Il secondo racconto, molto più tardo, sembra mostrare un ripensamento:

“Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò. Gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto.

Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo”
E’ chiaro che il primo racconto è più fedele alla Tradizione più antica nella quale uomo e donna avevano pari dignità.
La donna di cui si descrive qui la creazione può essere ancora identificata con Lilith.
Nel secondo racconto invece è marcata l’inferiorità della donna e nasce la figura di Eva.

Tutti I nomi di INANNA

Denominata successivamente “Ištar” dagli Accadi, dagli Assiri e dai Babilonesi,

è identificata successivamente dagli Ittiti con “Šauška”,

“Astarte” dai Fenici (un’altra traslitterazione è “Ashtart”;

nella lingua ebraica biblica il suo nome è עשתרת (traslitterato Ashtoreth), in ugaritico ‘ṯtrt – anche ‘Aṯtart o ‘Athtart, traslitterato Atirat – e in accadico è As-tar-tu);

ella era Afrodite per i Greci e Venere per i Romani.

  • Nin-hur-sag: “Signora delle colline”.
  • Nintur: “Signora delle nascite”.
  • Ninmah: “Signora maestosa”.
  • Dingirmah: .
  • Aruru: .
  • Damgalnunna: Come moglie di Enki, era spesso chiamata così

MA l’equivalente di Inanna la scorgiamo anche in altri luoghi della nostra terra. 

Inari (稲荷?), o anche Oinari, è la kami (divinità giapponese) della fertilità, del riso, dell’agricoltura, delle volpi, dell’industria e del successo terreno.

Inari è rappresentato come maschio, femmina o androgino e alle volte considerato come costituito da un collettivo di tre o cinque kami individuali, ed è una figura popolare sia nelle credenze shintoiste, che in quelle buddiste giapponesi.

 

Ma C’è Di più

Inari viene a volte identificato con altre figure mitologiche. Alcuni studiosi suggeriscono che Inari sia la figura conosciuta nella mitologia giapponese come Uganomitama o l’Ōgetsu-Hime del Kojiki. Altri suggeriscono che Inari coincida con Toyouke. Alcuni ritengono Inari identico a ogni kami del grano[3][4].

L’aspetto femminile di Inari viene spesso identificato con Dakiniten, una divinità buddista, che deriva dalla trasformazione della divinità indiana ḍākinī[5] o con Benzaiten delle Sette Divinità della Fortuna[6]. Dakiniten viene rappresentato come un boddhisatva maschile o androgino che cavalca una volpe bianca volante[5].

“Yggdrasill” L’albero della mitologia NORRENA e Celtica

L’ALBERO NELLA MITOLOGIA NORRENA E CELTICA
 

Per completare questa introduzione alla Dea Inanna, accenniamo anche ad una altra storia MITOLOGICA (Ma che si tramanda fino ai nostri giorni, legata all’albero di

Yggdrasill.

Perchè i popoli Nordici sono legati in modo così viscerale agli alberi?

 
Come mai, fino ai giorni nostri, queste persone continuano a rispettare le creature vegetali?
Si deve andare molto lontano nel tempo.
L’albero era sacro a queste popolazioni in quanto in esso era custodita l’intera cosmologia mitologica.
 
Tutto era dentro un albero, ma andiamo per gradi e iniziamo a raccontare …
Della mitologia norrena non si hanno molte tracce, considerando che si tratta pur sempre di narrazioni oggetto di trasmissione orale. Le uniche forme scritte esistenti si rifanno a due opere islandesi, l’Edda in prosa e l’Edda poetica, che rappresentano i maggiori documenti storici della mitologia norrena.
Oltre alle scritture, altri elementi sono sopravvissuti grazie alle numerose tradizioni folcloristiche che ancora oggi vengono rivissute nelle regioni del Nord Europa.
 
 
Uno dei miti principali è rappresentato dall’albero cosmico nordico. Con l’aiuto dei suoi due fratelli, Víli e Vé, Odino ha creato un mondo formato a sua volta da nove mondi e composto da cinque dischi, separati tra loro da uno spazio intermedio.
Asgard costituisce la città divina, la terra in cui regnavano le divinità guerriere denominate Asi.
 
Un secondo mondo che fa parte dell’albero cosmico è quello di Iötunheimr;
 
si tratta del mondo dei giganti che al suo interno comprende una regione selvaggia, la Foresta di Ferro, nella quale trovano rifugio le donne Troll, mostruose gigantesse capaci di generare creature feroci in forma di lupi.
 
Helheimr costituisce la dimora di Hel, fanciulla dal corpo mostruoso che ha le insegne della vita e della morte.
 
 
 
 
Posta nel sottosuolo, Svartalfheimr è la dimora degli elfi delle tenebre (od elfi scuri). Midhgardhr, secondo la mitologia di origine germanica, rappresenta il mondo centrale (la cosiddetta terra di mezzo), il cui compito è quello di accogliere gli uomini.
 
 
COME ERA ORGANIZZATO YGGDRASIL
 
I nodi celtici sono conosciuti per essere nodi infiniti, senza inizio e senza fine. Rappresentano come la natura sia eterna. Il nodo dell’albero della vita rappresenta rami e radici che si intrecciano senza fine, mostrando il circolo infinito della vita sulla terra.–
Yggdrasil, albero della vita nella mitologia norrena.
 
La mitologia nordica fa suo il concetto di Albero Cosmico riconducendolo alla figura di Yggdrasil, il gigantesco albero che si staglia al Centro dell’Universo; le sue 3 immense radici hanno origine dalle tre realtà dell’esistenza, ovvero la dimora degli Dei inferiori, quella dei Giganti del Ghiaccio padroni della Terra prima dell’avvento dell’uomo e quella del Nifhleim, il Regno dei morti.
 
 
Il colossale tronco di Yggdrasil funge da collegamento tra il piano terreno e quello celeste e si collega idealmente alla terra degli Uomini tramite l’arcobaleno chiamato Bifrost.
 
La sua chioma era protesa verso Asgard, la Casa degli Dei, mentre tra le sue radici si annidava il perfido Nidhogg, il Serpente in lotta con l’Aquila che aveva il suo nido sulle fronde più alte, a simboleggiare il perenne conflitto tra Bene e Male, tra forza creatrice e forza distruttrice.
In questo dualismo, molti hanno voluto vedere anche la dicotomia tra maschile e femminile, rappresentati rispettivamente dall’Aquila e dal Serpente;
 
questa teoria è riscontrabile anche nelle antiche credenze sumere, dove ritroviamo una stretta correlazione tra il mondo del femminino e quello della natura attraverso il mito di Inanna, la Regina del Cielo e della Terra, colei che ha piantato nel Giardino sacro l’albero di Huluppu, metafora dell’unione tra il Signore delle acque e la Regina dell’aldilà.
Ratatoskr (dal norreno “dente che perfora”) è, nella mitologia norrena, il nome dello scoiattolo che vive su Yggdrasill, l’albero cosmico.
 
 
L’albero della vita può essere interpretato in diversi modi:
– Rappresenta il bilanciamento e l’armonia in natura;
– Per i celti significava saggezza, forza e lunga vita;
– Rinascita, così come gli alberi lasciano le foglie in autunno, gelano in inverno per poi rinascere in primavera;
– L’albero della vita unisce il “sopra” e il “sotto”. Le sue radici raggiungono le profondità della terra, mentre i suoi rami crescono verso il cielo. Il tronco dell’albero connette i due mondi sul piano terrestre.
 
Il nodo dell’albero della vita
I nodi celtici sono conosciuti per essere nodi infiniti, senza inizio e senza fine.
 
Rappresentano come la natura sia eterna. Il nodo dell’albero della vita rappresenta rami e radici che si intrecciano senza fine, mostrando il circolo infinito della vita sulla terra.

Riprenderemo, il racconto dell’albero cosmico della vita nei prossimi blog un connessione con gli alberi del Paradiso

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