GAZACOSTA

October 1, 2025

Riconoscimento internazionale.

Dal 2012 l’ONU riconosce formalmente lo Stato di Palestina, come entità statale semiautonoma, guidata dall’ANP, e comprendente anche la striscia di Gaza.

Le norme internazionali non escludono a priori la possibilità di “blocchi navali”, ma specificano anche che diventano illegali nel caso in cui la popolazione messa in difficoltà dal blocco non sia adeguatamente rifornita di mezzi di sussistenza.

Il blocco navale israeliano davanti a Gaza va ormai avanti dal 2009.

Non rispettando il diritto internazionale, spesso le operazioni del passato simili a quella della Flotilla sono peraltro state bloccate in acque internazionali (quindi dove Israele non ha alcuna giurisdizione).

Il primo tentativo di forzare il blocco fu nel 2010, quando 600 attivisti in arrivo dalla Turchia viaggiavano sulla nave Mavi Marmara. Dieci persone persero la vita a causa dell’abbordaggio israeliano

La Striscia di Gaza si affaccia sul Mar Mediterraneo, lungo la costa sud-orientale, un tratto di mare, parte dello stesso bacino, che bagna numerosi Paesi, tra cui Italia, Grecia, Turchia, Egitto, Israele e Libano. Gaza ha circa 40 km di costa mediterranea, che la collega “idealmente” con il resto del Mondo e, che, in tempi di pace, potrebbe rappresentare una risorsa economica e strategica importante. Guardando oggi, tempo di guerra, una guerra strana, che vede un solo esercito bombardare case e civili, con perdite e levate tra donne e bambini, di questi ultimi si contano oltre 20.000 vittime, le acque territoriali davanti a Gaza sono, formalmente, sotto l’autorità palestinese, ma il controllo effettivo è nelle mani di Israele, sia per motivi di sicurezza sia per via degli accordi internazionali esistenti.

Di chi è il mare che bagna Gaza? 

Domanda di facile risposta

La domanda si complica nella risposta osservando le immagini della Striscia di Gaza, spesso al centro dell’attenzione mediatica per motivi politici e umanitari, soprattutto, pensando a chi ne ha il controllo e perché la questione è più complessa di quanto sembri.

La Striscia di Gaza si affaccia sul Mar Mediterraneo.

le acque territoriali davanti a Gaza sono, formalmente, sotto l’autorità palestinese, ma il controllo effettivo è nelle mani di Israele.   ILLEGALMENTE,  dagli anni ’70, da Israele, che mantiene un blocco navale sulla costa, 

 Diritti Marittimi Internazionali
Secondo il diritto marittimo internazionale, ogni stato ha diritto a 12 miglia nautiche di acque territoriali. Tuttavia, poiché la Palestina non è pienamente riconosciuta come Stato da tutti i membri dell’ONU e, a causa dei conflitti in corso, l’effettivo esercizio di questi diritti è limitato.

Chiedersi di chi è il mare che bagna Gaza é importante, non solo per una curiosità geografica, ma, perché apre la porta a una riflessione più ampia su sovranità, diritti internazionali e libertà di movimento. La questione del controllo marittimo incide pesantemente su:

  • Pesca: i pescatori palestinesi sono spesso limitati nelle zone dove possono operare.
  • Commercio: l’assenza di un porto marittimo pienamente operativo impedisce a Gaza di commerciare liberamente via mare.
  • Aiuti umanitari: molti aiuti devono passare attraverso controlli israeliani, causando ritardi o blocchi.

In conclusione, il mare che bagna Gaza è il Mar Mediterraneo, ma il suo utilizzo è fortemente condizionato dal blocco navale israeliano e dalla complessa situazione geopolitica della regione. Formalmente, la costa appartiene alla Striscia di Gaza e quindi al popolo palestinese, ma il controllo effettivo è in gran parte esercitato da Israele, con importanti conseguenze sulla vita quotidiana degli abitanti, per cui il nostro pensiero va agli attivisti della Global Sumud Flotilla, che si espongono a gravi rischi, nel tentativo di rompere il blocco navale. A loro il nostro augurio, nella speranza che non accada nulla di grave e che la guerra, unilaterale, smetta presto e con essa le sofferenza del Popolo di Palestina.

Perché il blocco navale imposto da Israele davanti alla Striscia di Gaza è illegale

Ai sensi del diritto internazionale non c’è alcun conflitto armato marittimo tra Israele e altri Stati.

Greenpeace: «Le acque davanti a Gaza sono dello Stato Palestinese, che però l’Italia non ha ancora riconosciuto. Oltre a garantire adeguata protezione ai connazionali a bordo della Global Sumud Flotilla, il governo Meloni si deve intervenire o no?

 

Non è un mistero per nessuno che il governo italiano si stia dicendo molto preoccupato dal fatto che la Global Sumud Flotilla continui imperterrita ad avanzare verso Gaza; il primo compito del governo italiano e, aggiungerei, di ogni governo degno di questo nome, è principalmente ed imprescindibilmente quello di tutelare le molte persone italiane presenti a bordo delle unità della Flotilla, senza, naturalmente, trascurare i rapporti diplomatici con lo Stato d’Israele.

Bene ha fatto, dunque, il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, riferendo prima alla Camera e poi al Senato sull’attacco verificatosi nei i giorni 23 e 24 settembre a diverse unità della Flotilla, condannando giustamente quanto accaduto. In questo preoccupante clima geopolitico che si è venuto a creare, Crosetto ha anche affermato, tra le altre cose, che il governo non è in grado di garantire la sicurezza degli attivisti nel momento in cui le barche dovessero lasciare le acque internazionali ed entrare in quelle controllate da Israele con il “blocco navale” imposto davanti la Striscia di Gaza, che è proprio l’obiettivo principale della Flotilla; sappiamo bene che, da anni, Israele considera la forzatura del blocco navale un “atto ostile”.

Cerchiamo ora di capre cos’è questo blocco navale proclamato da Israele e se ci sono i presupposti giuridici per poterlo effettivamente e legittimante proclamare.

 

Il blocco navale in questione va avanti dal 2009 e nessuna imbarcazione può approdare nei porti di Gaza o entrare nelle sue acque territoriali – misurate in 12 miglia nautiche dalla costa ; ricordiamo che l’approdo a Gaza risulta già essere limitato ancor prima del 2009, facendo risalire questo limite dai primi anni Novanta; infatti, le prime limitazioni alla navigazione al largo della cosiddetta “Striscia di Gaza” furono codificate nel 1995 in seguito accordi conosciuti col nome di “Oslo II”, che seguirono ai più generali accordi di Oslo, i primi in cui Israele e Palestina si riconoscevano come legittimi interlocutori e impostavano l’autogoverno dei palestinesi.

Alla luce delle conclusioni cui sono addivenuti illustri esperti del diritto internazionale marittimo, non si può configurare alcun blocco navale lecito se si considera che non ricorre alcun conflitto armato marittimo tra Israele e altri Stati; mentre appare ormai chiaro a tutti che l’occupazione della Striscia di Gaza tende all’eliminazione fisica – anche per fame – dei suoi abitanti e che questa, unita all’imposta deportazione di massa (già in atto) della popolazione verso immensi campi di concentramento posti nel nulla (nowhere direbbero gli americani), non possono essere scambiate in alcun modo come fasi di un conflitto armato.

Dopo queste considerazioni appare davvero assai incomprensibile la prudenza manifestata dal governo, per bocca del suo Ministro della Difesa

che, nonostante le drammatiche evidenze dei fatti odierni, continua ad avere un atteggiamento prono, al limite del servilismo, verso il governo israeliano che continua a calpestare il diritto internazionale con azioni e atteggiamenti che trascurano volutamente e con arroganza i dettami cui la società civile, all’indomani della II Guerra Mondiale, ha con tenacia e moltissima fatica voluto e saputo costruire.

«Il ministro della Difesa Crosetto – commentano nel merito gli ambientalisti di Greenpeace – invia due fregate a “protezione” della Global Sumud Flotilla, ma poi precisa alla Camera che la Marina militare si fermerà di fronte alle “acque israeliane”.

No, signor Ministro, secondo i parametri della Convenzione Onu sul diritto del mare, le acque davanti a Gaza sono dello Stato Palestinese, che però l’Italia non ha ancora riconosciuto, ed è un problema ITALIANO e non DEI CONFINI DI GAZA.

Oltre a garantire adeguata protezione ai connazionali a bordo della Global Sumud Flotilla, il governo Meloni si mobiliti per fermare il genocidio, revocare il Memorandum di cooperazione militare con Tel Aviv, interrompere l’invio di armi, imporre sanzioni mirate contro Israele e faccia pressione perché si arrivi alla soluzione Onu “Due popoli, due Stati”».

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