TRAPANESITUNISI

December 5, 2024
Spread the love

Una riva non troppo lontana: l’emigrazione dei siciliani in Tunisia

«I primi ad arrivare furono i genitori di mia nonna materna sul finire del 1896, in provenienza da Villalba (Caltanissetta).

Mia nonna materna nacque a Tunisi sei mesi dopo il loro arrivo.

Mio bisnonno che in Sicilia era stato fornaio ed era mediamente istruito (al punto da far in seguito scuola serale spontanea ai braccianti siciliani in Tunisia), cominciò con il fare il venditore ambulante nei cantieri in cui lavoravano italiani e maltesi.

L’epidemia di vaiolo che si diffuse nel 1897, colpì la famiglia e la costrinse a trasferirsi in campagna. Ciò abbassò notevolmente il tenore di vita. Mio nonno materno arrivò all’età di 17 anni nel 1913 o ’14 insieme alla madre vedova, da Giarratana (Ragusa).

Era contadino. Nel 1915 sposò mia nonna da cui ebbe sei figli.

( Di MArinette Pendola, LA RIVA LONTANA)

La Sicilia ha fornito un contributo assai importante all’emigrazione italiana. Lo è stato in particolare per i flussi in uscita dal nostro paese che hanno riguardato la Tunisia.

Tra il 1876 e il 1925, quasi il 60 per cento delle 104.972 partenze dall’Italia verso il paese africano, sono state originate dalla nostra isola, soprattutto dalle province di Trapani e Palermo.

Era noto a Tunisi il quartiere della Piccola Sicilia e spazi simili esistevano in altre località. A distanza di un secolo vi è stato uno «scambio» di migranti tra la Sicilia e il paese sull’altra sponda del Mediterraneo.

Dei 100 mila tunisini oggi residenti in Italia, circa un quarto vive infatti in Sicilia. Mazara del Vallo che ha ospitato il più antico nucleo di immigranti tunisini di tutto il territorio italiano, è stata recentemente superata da Ragusa che viene oggi identificata come la «capitale» dei tunisini che vivono in Italia. 

Festa MAdonna di Taapani a Tunisi

Ma sono stati i Trapanesi, soprattutto,

che in migliaia sono emigrati in Tunisia

già dal secolo scorso,

Correva l’anno 1868 quando viene siglato il trattato italo – tunisino della Goletta, accordo mirante a potenziare gli scambi economici tra due paesi, favorendo l’Italia, e incoraggiare l’emigrazione della piccola e media borghesia siciliana.

Il successo dell’iniziativa fu notevole, la cospicua comunità siciliana poteva vantare intorno al 1870 circa 3-4mila unità.

All’epoca era più facile e vantaggioso per gli isolani dirigersi in Africa piuttosto che affrontare l’Atlantico e le troppe incognite del  continente americano.
Chi arrivava, da clandestino (!), inizialmente, non era ricco, ma apparteneva ai ceti più umili

Perfino ex detenuti; tutte persone bisognose, eppure estremamente volenterose. Sognavano
l’agiatezza in Tunisia e molti la trovarono fra i vigneti, nelle miniere di bauxite e nei fondali
pescosi.

Da un momento di Incomprensione, quasi fastidio per la presenza dei migranti, poco a poco si avviò un processo di integrazione complesso che come vedremo divenne Vitale per le due comunità.

I rapporti tra le due popolazioni (tunisina e italiana) si distesero notevolmente;

d’altra
parte Tunisi, con i suoi 173.281 abitanti, ospitava, secondo il censimento del 1926, ben 89.216
nostri connazionali.

Buona parte di questi provenivano dalla Sicilia Occidentale. Specialmente Trapani e la sua provincia. Come i Bernardi, i Candela, i D’Amico (o Amico), gli Ilardi); Poi poco a poco cominciò una catena di RICHIAMI,

In alcuni casi una singola persona riusciva ad attivare la migrazione di una cospicua parte della popolazione di un paese, perché i siciliani che possedevano terreni in Tunisia spesso reclutavano manodopera nell’Isola.

Emblematico il caso di
Fasciano, che a Béja divenne membro della commissione.

Ma questa è un’altra storia che vi  potete leggere con calma nei libri numerosi dedicati

Vorrei piuttosto parlarvi  di alcuni episodi legati al culto della Madonna di Trapani in Tunisia. Nostra Signora del limite.

come venne chiamata, Venerata a la Goulette (piccolo centro costiero fuori Tunisi)

L’emblema dela convivenza fra residenti e migranti ospiti; l’esempio di come le religioni se ben usate Uniscono i Popoli piuttosto che separarli. 

Notre Dame d'Aerique Algeri

Il cominciamento di un dialogo così inteso che non è un esercizio astratto o velleitario di idealità o di formalità. Non la semplice tolleranza ma l’esperienza sostanziata dall’empatia, dall’interrogazione, dalla reciprocità e dalla ricerca può rendere possibile il dialogo.

Tra i culti largamente condivisi da cristiani e musulmani, un che è sostanziale è quello della Madonna, figura liminare che ricorre non solo nel Nuovo Testamento ma anche nella letteratura mistica come nel Corano e nei Detti del Profeta.

La devozione mariana da parte di pellegrini dell’Islam è durevolmente attestata presso numerosi monasteri e santuari cristiani.

La basilica di Nostra Signora d’Africa ad Algeri è un esempio di queste pratiche transfrontaliere e, come ha scritto Albera (2016: 287), 

Basilica Notre Dame Algeri

La Madonna di Trapani, come detto, ha la sua maggiore espressione a la Goulette dove c’è una fortissima concentrazione di Trapanesi, e rappresenta un fortissimo elemento di integrazione

La Goulette Madonna di Trapani Basilica

La Goulette, per i Trapanesi specialmente, è stata una Piccola Sicilia, formata da famiglie di pescatori, tipografi, fornai, sarti, falegnami, una comunità coesa di artigiani e commercianti

protagonisti nella esperienza di originale costruzione di un tessuto abitativo che si è sovrapposto senza dissonanze né discontinuità alla preesistente morfologia della medina.

Ma questa “banlieue de l’antique Cartage” dai fluidi confini era la quintessenza di mixité e mélange, essendo abitata da arabi ed ebrei, da italiani e da francesi, da popolazioni di diversa fede religiosa.

La solidarietà del vicinato, la mutualità di prestazioni e di offerte, le amicizie e perfino il comparatico, tutto nella dimensione quotidiana del vivere contribuiva alla dissoluzione delle differenze di nazionalità o di etnia e favoriva il riconoscimento e il reciproco rispetto umano e culturale.

Le donne erano protagoniste in queste dinamiche metafamiliari che istituivano e notificavano uno stretto rapporto di complementarietà e di interdipendenza.

La giovane sarta Francesca Tranchida, originaria di Trapani, racconta che comprava il filo dai negozianti ebrei e affidava poi i tessuti per la tintura agli arabi, specializzati nell’impiego dei colori naturali. «Noi siciliane eravamo brave, le migliori forse per cucire anche se tutti i modelli arrivavano dalla Francia e la mastra li riproduceva.

Ma quello che è sicuro, è che non avremmo mai potuto avere questo successo senza gli arabi e senza gli ebrei…

Continueremo in maniera più puntuale il racconto dei Migranti Siciliani in Africa nei prossimi post.. se avete del materiale è il benvenuto

Di seguito riportiamo alcune foto di repertorio dei Ns concittadini in Tunisia

Processione Madonna Trapani a la Goulette
Please follow and like us: