GLADIO Kissinger

November 25, 2024
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Henry Kissinger,

l’uomo che ”sussurra” alla Casa Bianca

Dalla Trilaterale al coinvolgimento nel colpo di Stato Cileno

a Gladio il potere di influenza del “Professor Henry

Svelato il file con l’avviso di Kissinger ad Aldo Moro per non far avvicinare Berlinguer al governo

In Italia Kissinger si rese artefice dell’operazione clandestina “Gladio Stay Behind”. L’operazione è collegata all’operazione “Condor” in Sudamerica, che servì per rovesciare il governo in Cile e il governo in Argentina il governo in quasi tutti gli stati sudamericani, ossia tutti coloro che avevano un governo socialista e vicino all’Unione Sovietica. 

L’operazione Gladio e l’operazione Condor erano in qualche modo collegate e avevano entrambe come trait d’union proprio Henry Kissinger. In Italia il ruolo avuto non solo dalla Gladio, ma dallo stesso Kissinger nelle varie fasi della strategia della tensione è documentato, soprattutto per quanto concerne la questione Moro.

Ricorderete che Henry Kissinger convocò Moro prima del suo rapimento, minacciandolo, intimandogli di cambiare immediatamente le sue politiche e di non permettere ai comunisti di Berlinguer di avvicinarsi al governo, altrimenti l’avrebbe pagata cara e amara.

Il nome di Kissinger viene fatto ai magistrati sia da Guerzoni, il braccio destro di Moro, ma anche dalla moglie stessa dello statista italiano. Lo si legge in un articolo dell’Ansa di qualche anno fa: “Quando Moro fu aggredito da Kissinger”, un’intervista dell’Ansa a Giulio Andreotti. E per quanto riguarda il ruolo di questo personaggio nella strategia della tensione in Italia sono emersi anche i “Kissinger cables”, quindi dei cables che hanno proprio il nome di Henry Kissinger, che sono stati rilasciati da Wikileaks.

Sono stati anche oggetto di un approfondimento da parte dell’Espresso qui in Italia, dove si evince quindi il ruolo di questi apparati statunitensi guidati da Kissinger nella strategia della tensione.

In Sudamerica volevano fermare gli sforzi di Carter nel fermare Videla, volevano fermare gli sforzi del governo di fermare gli estremisti, quegli estremisti di cui gli apparati statunitensi si servirono in Italia per portare avanti il proprio progetto.

Estremisti che portano il nome di Brigate Rosse che portano il nome di Ordine Nuovo. Per farvi capire quanto trasversali fossero questi apparati americani nel manipolare e nell’utilizzare gli estremisti locali.

Inzerilli, ex capo Gladio: «I segreti? Sono alla Nato»

«Vuol sapere cosa penso della desecretazione? Sono contento. E sa perché? Se c’è qualcuno che ha tradito il suo impegno o che ha voluto proteggere una parte è giusto che esca il nome. Si deve capire chi è stato un imbroglione, la sua identità, così non getta più fango sul paese o sul servizio di intelligence».

Paolo Inzerilli non è un militare qualsiasi. Generale dell’esercito – ormai in pensione – capo di Gladio per quattordici anni, poi passato allo stato maggiore del Sismi. Custode di segreti, ha addestrato per anni gli agenti che ancora oggi agiscono sotto copertura «in tutti gli scenari più complessi all’estero». Per lui desecretazione potrebbe voler dire pulizia. Ma in fondo sembra creder poco all’annuncio di Renzi:

«L’archivio di Gladio è stato sequestrato nella sua interezza dalla magistratura. In questi casi gli atti vengono declassificati a “vietata divulgazione”, e al termine del procedimento penale devono essere restituiti. La stessa cosa è successa con le commissioni d’inchiesta.

La magistratura e gli organi parlamentari hanno basato le loro decisioni – giudiziarie o politiche – anche sulla base della documentazione dell’intelligence. Che novità potrà dunque uscire? Nessuna, ritengo». Ma non tutto – ammette – è noto. «I veri archivi che rimarranno segreti sono quelli Nato, questo sì.

Lì nessuno può entrare – racconta a il manifesto -, serve sempre l’accordo di tutti i paesi aderenti al patto». E rivela come quelle carte furono negate anche alle procure che indagavano sull’organizzazione segreta: «Quando la magistratura chiese di accedere all’archivio Gladio bloccammo l’accesso alla documentazione con classifica Nato, che non sono mai usciti dai caveaux».

Paolo Inzerilli non nega il coinvolgimento dei servizi in episodi ancora oscuri: «Le deviazioni? I “casini” sono avvenuti quando si appoggiava una parte, quando mancava l’equilibrio. Le faccio un esempio: io dovevo parlare con tutti, ovviamente.

Quando dovevamo incontrare gli israeliani mandavo un ufficiale filoisraeliano, accompagnato, però, da uno filopalestinese. Poi, al ritorno, sentivo tutti e due, separatamente. I problemi sono nati quando qualcuno non ha mantenuto questo equilibrio».

C’è poi il livello politico, che quasi sempre si è tirato fuori, evitando di ammettere responsabilità evidenti: «Io ho personalmente indottrinato su Gladio tanti ministri e, in una fase successiva, presidenti del consiglio, come Bettino Craxi.

Molti di loro poi hanno sostenuto di essere all’oscuro, di non conoscere l’esistenza dell’organizzazione. In quel caso, però, c’erano le loro firme sui documenti». Carte che ora aspettiamo di poter leggere.

È il 1976 e il ministro degli Interni, Francesco Cossiga, informa l’ambasciatore Usa a Roma di volere trasferire l’Arma dei carabinieri dal ministero della Difesa a quello degli Interni. «Non ha senso non unificare tutte le forze di polizia», ragiona il Picconatore. Ma l’ambasciatore non è d’accordo: «È un’Arma formidabile, non solo la più efficace del Paese, ma anche la più prestigiosa». E da Washington il Dipartimento di Stato concorda: niente spostamento, anche se «ovviamente la decisione ultima spetta all’Italia».

Anche quando i democristiani ipotizzano di spostare le funzioni della sicurezza interna del Paese dal controllo militare dei servizi segreti del Sid a quello civile del ministero degli Interni, gli americani si oppongono fermamente, perché in questo modo «la sicurezza interna del Paese finirebbe sotto una guida più direttamente politica di quanto non accada con il Sid. E, soprattutto, la possibilità di penetrazione dell’apparato interno di sicurezza dello Stato da parte dei comunisti sarebbe significativamente maggiore».

Sono gli anni dei fascisti di Ordine Nuovo, del Golpe Borghese, di Gladio, di Gelli e della “Rosa dei venti”. I cablo di WikiLeaks dimostrano l’insofferenza degli americani per la repressione delle trame nere da parte della magistratura italiana. Quando nel gennaio del 1974 viene arrestato Amos Spiazzi per il suo ruolo nell’organizzazione neofascista “Rosa dei Venti”, l’ambasciatore Usa a Roma informa subito Washington che questa mossa «alimenterà le campagne della sinistra».

Stessa conclusione appena finisce agli arresti Vito Miceli, il potentissimo capo del Sid, al centro delle trame nere, dalla Rosa dei Venti fino al tentativo di golpe del principe Junio Valerio Borghese. La diplomazia di via Veneto fa sapere al Dipartimento di Stato che «l’ambasciata ha l’impressione che questa caccia alle streghe in corso è alimentata e usata per avvantaggiare la sinistra, portata avanti da giovani magistrati, che in alcuni casi hanno fatto filtrare alla stampa informazioni scioccanti. Questa campagna continua appare mirata a demoralizzare e isolare le forze di centrodestra, associandole alla già discreditata destra extraparlamentare e del Movimento Sociale. L’obiettivo complessivo sembra essere quello di far sterzare a sinistra la politica italiana».

Grazie alla visualizzazione grafica offerta dal database di Wiki-Leaks, è infine possibile scoprire un dettaglio curioso e intrigante. I cablo che riguardano il Sid di Miceli, venivano inviati dall’ambasciata di Roma al Dipartimento di Stato a Washington, com’è normale. Ma non si fermavano lì: venivano in alcuni casi inoltrati in Vietnam, a Ho Chi Minh City. Perché? Laggiù, nella profonda Asia sconvolta dalla guerra, chi poteva avere interesse per le trame del Sid?

 

Salvatore Bulgarella

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