Olio1 Agroalimentare

March 18, 2025
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Dopo Un Secolo ritorno ad interessarmi di agro alimentare

ed in questo blog in special modo dell’Olio Alimentare

Sarà un secolo che non mi occupo più della produzione agroalimentare del nostro territorio; non certamente per disaffezione, ma perché non esiste più.

L’agroalimentare certamente potrebbe diventare la filiera più interessante della produzione nazionale, e potrebbe ancora diventare una delle strutture produttive più solide e remunerative delle regioni meridionali. Però peccato che per buona parte sia divenuta una ricettacolo di “mancette

Rivedendo i dati di produzione e commerciali dopo qualche decennio, non mi sembra infatti sia cambiato molto; anzi la sensazione è che le produzioni tutte hanno perduto la loro peculiarità e che si siano appiattite ad un livello di qualità medio basso del mercato agroalimentare, nazionale ed europeo.

Nerl frattempo il mercato consumerglobalista si è evoluto in maniera esponenziale, mentre i Nostri ancora ragionano col carrettino.

Infatti Fra i trend consumer legati alla digital disruption si evidenzia che il 51% dei consumatori globali ha acquistato generi alimentari online negli ultimi 12 mesi e il 50% dichiara di «preferire» questo canale.  Il 9% degli intervistati utilizza già un assistente vocale con Intelligenza Artificiale per acquistare con frequenza settimanale o più spesso.

Tale percentuale è destinata a crescere con la maggioranza dei consumatori che hanno espresso la volontà di acquistare tali dispositivi: in primis il Brasile (59%) seguito da Cina (52%), Indonesia (49%), Vietnam (45%), Tahilandia (42%), Polonia (40%) e Italia (38%).

Quello che emerge, in generale, è una richiesta di innovazione lungo tutta la filiera, come si deduce anche da una ricerca del Labcom dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano in collaborazione con l’Università di Pisa che hanno individuato quattro macrotrend: cibo e tecnologia, cibo e innovazione, novel food, e nuove frontiere dell’organic food.

Anche in questo caso la nostra offerta commerciale è banalizzata e sclerotizzata su schemi statici quasi in contraddizione con il drugstore online della domanda internazionale.

Trovare soluzioni per il cambiamento non è facile per niente. Sarebbe necessario formare una nuova generazione nell’area produttiva e marketing. Pressoché impossibile.

Nel Proseguimento dello studio

Suddividerò l’analisi in categorie produttive omogenee della filiera come di seguito:

Olivicoltura

Viticoltura

Produzione Agricola propriamente detta

Prodotti Ittici Freschi ea regime di freddo

Prodotti in conserva

Prodotti agro alimentari trasformati

  • la produzione agricola vegetale;
  • l’allevamento e la produzione agricola animale;
  • la pesca e l’acquacoltura;
  • l’industria alimentare;
  • l’industria delle bevande.

OLIVICOLTURA

La produzione olivicola è certamente fondamentale per la filiera agricola del nostro Paese, specialmente per il centro sud; ma non mi sembra dopo qualche decennio che il comparto produttivo e commerciale siano cambiati molto, anzi mi smbra che ci sia stata una progressiva involuzione.

Ad oggi la produzione italiana di olio di oliva è realizzata in circa  4.500 franchi con un valore medio annuale di poco più di 300 mila tonnellate di olio (calcolato come media degli ultimi 4 anni) . Gli impianti sono dislocati per il 70% nelle regioni meridionali dove si produce oltre l’80% della produzione di olio vergine nazionale.

Solo per memoria ricordiamo che in Spagna con più del doppio della produzione, i frantoi sono meno di 2000 distribuiti sul territorio nazionale, con Di cui circa il 60% integrati in gruppi, mentre il resto opera ancora in modo indipendente. IN tal modo si stima che il 40% della produzione è concentrata nei grandi gruppi .

Coltivare l’olivo e produrre degli oli di qualità comporta dei  costi  ed è indispensabile che i primi a beneficiarne siano gli olivicoltori, mediante il congruo aumento delle quote del loro prodotto. Ma questo non avviene anzi nella scala dei valori della filiera sembra che proprio a monte si siano ridotti i margini.

Da cosa dipende? I fattori sono molteplici; condizionati certamente dalla composizione della struttura produttiva, estremamente frammentaria, e dall’incapacità di proporre il prodotto al consumatore nazionale ed internazionale in maniera adeguata.

Purtroppo, sebbene alcuni consumatori facciano della qualità e della tipicità gli elementi imprescindibili per la scelta di un olio, alla maggior parte  mancano gli elementi di conoscenza per poter effettuare scelte di acquisto consapevoli del valore effettivo di una bottiglia di olio extravergine di oliva italiano .

Ed Infine cosa è veramente un Olio EVo italiano per esempio Meridionale.? da cosa si differisce dalle altre proposte nazionali ed internazionali?

È pertanto fondamentale colmare queste lacune non solo con campagne di informazione verso il consumatore ma anche nella catena del prodotto, soprattutto a monte e poi certamente a valle.

Avendo sempre presente un concetto fondamentale, che è la qualità “percepita” della domanda per singolo paese a rendere competitivo un prodotto alimentare.

Per aumentare la produttività e fare economia di scala dobbiamo costruire consorzi, progetti di filiera, e nuovi modelli basati su tecniche di coltivazione diverse. La tecnologia e la ricerca applicata devono essere la guida per la costruzione di questi nuovi modelli. Dobbiamo farci trovare pronti per il piano olivicolo, che deve diventare realtà.

Come è ben noto, la qualità dell’olio prodotto è influenzata da  fattori agronomici  (es. tipologia di impianto, pratiche colturali),  genetici  (cultivar),  pedoclimatici  (es. suoli e clima),  ecologici  (es. altimetria, luce, esposizione ),  tecnologico  (es. modalità di raccolta delle olive, estrazione dell’olio).

Diverse sono le problematiche della filiera olivicolo-olearia che la ricerca scientifica deve fronteggiare per aumentare la competitività e la compatibilità ambientale.

Ma queste variabili assolutamete strutturali devono sempre adeguarsi non solo a modelli agronomici, ma soprattutto ai segmenti della domanda nazionale ed internazionale. Non finiremo mai di ripeterlo.

Diversamente, al trend di calo strutturale si andrà a sommare in maniera il trend di calo della domanda; ed interessando soprattutto il sud e la nostra regione; ed è facile comprendere cosa significa la crisi olivicola per i singoli produttori e per la nsotra regione nel suo insieme.

La campagna olearia 2022/23 (ancora in corso in alcuni paesi), è stata caratterizzata da sfide significative per l’industria dell’olio d’oliva in diversi Paesi produttori chiave; la siccità persistente ha influenzato in modo significativo la resa e la qualità del raccolto.

I valori che emergono da Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Tunisia, Marocco e Turchia ci permettono di analizzare i dati di produzione, i prezzi, le sfide climatiche e le strategie adottate durante la stagione produttiva.

Sono anni che se ne parla ma manca ancora un progetto strategico. Dobbiamo recuperare competitività, tornare più forti sui mercati.

La produzione della campagna 2023 (non disponiamo ancora di tutti i dati) è stimata in calo, malgrado le previsioni ottimistiche. Con i dati attuali, si evince che mentre Puglia e Basilicata riescono a recuperare + 100%, le altre regioni sono ancora in calo e la Sicilia rimane praticamente sui valori precedenti

E Nel 2024 la produzione ancora in calo del -32% 

La produzione di olio d’oliva in Italia è caratterizzata, anche nel 2024, da un deciso calo pur tenendo conto che negli ultimi anni la media si è attestata sulle 330.000 tonnellate annue contro le oltre 500.000 del triennio 2010-2012

Nel resto dei paesi produttori, e in particolare nel bacino Mediterraneo, l’andamento è stato invece positivo (+30% su base annua).

l’Italia è ormai scivolata al quinto posto tra i maggiori produttori mondiali, dopo Spagna (1,29 milioni di tonnellate, +51%), Turchia (450.000 tonnellate, +109%), Tunisia (340.000 tonnellate, +55%) e Grecia (250.000 tonnellate, +43%).

 ( ANALIZZEREMO il 2024 quando avremo tutti i dati puntuali)

Riguardo i prezzi di vendita dell’EVO; come già visto, in tutta Europa gli incrementi sono stati più che proporzionali, in specie a causa della carenza produttiva in tutta l’area europea. L’impennata si registra dal 2022 e continua fino ai nostri giorni.

E’ un peccato che la variabilità dei prezzi sia legata essenzialmente alla scarsità del prodotto piuttosto che ad attributi di qualità percepiti dal consumatore.

Per quanto riguarda le importazioni di olio d’oliva, l’Italia ha importato in soli due mesi 454.000 tonnellate di olio d’oliva rispetto alle 548.000 tonnellate dell’intera campagna 2021/22.

In questo contesto, il nostro Paese quest’anno ha aumentato la sua dipendenza da altri Paesi produttori che hanno registrato raccolti maggiori, soprattutto Grecia e Tunisia.

In Italia tre bottiglie di olio d’oliva su quattro sono straniere

 

Come sottolinea preoccupata la Coldiretti:

Mentre il Nord Italia ha registrato un calo del 30% nella produzione, una luce in fondo al tunnel è stata rappresentata dalla ripresa produttiva della Puglia. Ma sarà sufficiente per contrastare le crescenti parole?

Ed infine guardando i dati dell’export, tentando di essere onesti non possiamo fare a meno di fare una considerazione. Se la Produzione nazionale TUTTA non è sufficiente a presidiare i consumi nazionali. Quale Olio esportiamo ????

Ed infine con la stessa onestà ci chiediamo se invece agli espertissimi consumatori italiani destinassimo l’olio di importazione? e ancora peggio, se come ci parrebbe logico destiniamo agli italiani la migliore qualità nazionale, all’estero forse mandiamo una seconda qualità di olio importato e trasformato dalle nostre aziende??

E se fosse vera questa ultima ipotesi, su quali logiche impostiamo le nostre campagne promozionali robotizzate in tutte le manifestazioni del mondo? Sulla qualità dell’olio Spagnolo?, Greco?, Turco?, Marocchino?

Il ministero dell’agricoltura Spagnola ci spiega in maniera trasparente cosa ESPORTA. E noi lo facciamo con la stessa trasparenza.?

E mi pare che solo analizzando e studiando bene la progressione di queste logiche sarà possibile trovare delle soluzioni vantaggiose per il comparto mediterraneo.

Un’alternativa strategica per rilanciare la competitività della filiera olivicolo – olearia è certamente la riscoperta di modelli territoriali di sviluppo integrale (tecnico, economico, sociale, culturale e ambientale), basandosi sulla condivisione delle conoscenze e sulla restaurazione delle sinergie di filiera, che mettono a disposizione delle comunità locali strumenti di comunicazione, di formazione e di informazione capaci di generare “valore aggiunto territoriale”.

Questo è certamente indispensabile quando si ha ben chiaro quale è e qualle dovrà essere nel fduturo la DOMANDA OBIETTIVO 

Ci si deve chiedere insomma costantemente, A MONTE, della produzione;

quale è il mio GOAL

A chi mi voglio rivolgere? Chi consumerà il mio prodotto, a parte la domanda contigua territoriale, all’estero, in Europa, in Asia, nei paesi emergenti africani, nelle Americhe tutte.

Ma chi è il mio cliente? Chi consumerà il mio prodotto?, e come ? Destrutturando tutti i segmenti della domanda internazionale nel suo insieme e predisporre il prodotto per QUEL MERCATO SPECIFICO, non per il mercato nella sua interezza.

Solo così sarà possibile creare degli indicatori poer la filiera fare “cultura” a Monte ea Valle sulle caratteristiche di qualità “intrinseche che deve possedere, prima di affidarlo al mercato, il MIO PRODOTTO.

Uno strumento DETERMINANTE per un prodotto alimentare, come lo chiamiamo noi di Pregio, su cui ritorneremo nel prosieguo di questo blog

OLIO EVO

un alimento principe della cucina Italiana ed internazionale

L’olio extravergine d’oliva è universalmente considerato un prodotto dalle molteplici proprietà benefiche. Sono infatti numerosi gli studi e le ricerche europee ed internazionali che attribuiscono all’olio extravergine d’oliva un  ruolo fondamentale nel contrasto di malattie cardiovascolari e dell’obesità

Nonostante ciò, negli ultimi anni a mettere in discussione i benefici dell’olio extravergine di oliva è stato proprio il sistema di valutazione internazionale Nutri-score.

Nutri-score è un sistema che affida valutazioni ai prodotti alimentari in base ai loro valori nutrizionali, utilizzando una scala di valutazione da stampare sulle confezioni. Ad oggi il sistema è adottato nei Paesi di Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna e Svizzera. 

Fin dalla sua creazione, l’algoritmo Nutri-score è stato critico da diversi governi, tra cui quello italiano, per aver  semplificato eccessivamente le informazioni nutrizionali di alimenti complessi . A risentire di questo sistema è stato soprattutto l’olio extravergine d’oliva che per anni ha ricevuto una valutazione Nutri-score scarsa, a causa dell’alto contenuto di grassi dell’alimento.

La valutazione ha acceso un dibattito sulla penalizzazione dei prodotti di alta qualità per andare a premiare invece prodotti industriali a scarso valore dietetico.

A luglio 2022, i sette Paesi che stanno adottando il sistema hanno pubblicato un documento che prevede la revisione dei parametri adottati.

La recente modifica farebbe  salire di livello l’olio extravergine d’oliva facendolo passare dalla valutazione C alla valutazione B . Il miglioramento nella valutazione è dovuto alla distinzione di grassi saturi ed insaturi, un parametro che premia il produttore della cucina mediterranea, benché non tenga in considerazione molte altre sue proprietà benefiche.

Ma nonostante le modifiche apportate, il progetto non è convinto. La presentazione della proposta di regolamento sull’etichetta nutrizionale fronte-pacco che la Commissione europea avrebbe dovuto preparare entro fine 2022, è infatti slittata al  secondo trimestre del 2023 . Ed ancora oggi nn è stata adotatta regolarmente 

La  Coldiretti  a tal proposito ha affermato in una nota: “Il rinvio al secondo trimestre del 2023 della presentazione della proposta di regolamento conferma le perplessità sull’etichetta a colori manifestate dall’Italia e da altri Paesi Il Nutri-score è un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per dalla dieta alimenti sani e naturali, eccellenze della dieta mediterranea come l’olio extravergine d’oliva o il Parmigiano Reggiano”.

Il sistema Nutri-score è tornato a far parlare anche nei giorni scorsi a Vinitaly.  Antonio Tajani, Ministro degli Affari Esteri e Vicepresidente del Consiglio , è stato ospite presso il Consorzio Valpolicella al convegno “I benefici del vino”.

Durante l’evento il Ministro si è espresso contrario al sistema. “Il Nutri-Score è un colpo mortale al principio della concorrenza, una delle regole fondamentali dell’Unione Europea si chiama concorrenza, perché se un prodotto viene azzoppato in partenza non riesce a competere con gli altri.” E poi continua: “L’attacco di una certa Europa non è solo contro il vino, è contro tutta la dieta mediterranea, che è la nostra identità, il nostro modo di vivere da millenni”.

Ciò che è certo è che il comitato scientifico dietro Nutri-score punta ad una  revisione periodica , che verrà effettuata  ogni 3 anni  così da essere costantemente aggiornati sulle conoscenze scientifiche. Ci si aspettano quindi degli aggiornamenti in tempi brevi, forse in grado di andare incontro alle richieste degli Stati che oggi si dimostrano contrari.

IN PArticolare contro Nutri Score si è scagliato il NS più grande esperto dell’alimentare; il Ministro Lollobrigida…

Non vi riporto le considerazioni a riguardo di: Serge Hercberg, professore Internazionale di Nutrizione e ideatore dell’etichetta a semaforo: Epidiemologo, Dottore di Ricerca in Scienze presso l’  Università di Parigi-Diderot  (Parigi  VII ). dottorato presso il  Kansas University Medical Center  3 (Stati Uniti). membro dell’Alto  Consiglio per la Salute Pubblicato  dal 2007 e dal 2001 al 2018 è stato presidente del  Programma Nazionale per la Nutrizione e la Salute (PNNS), lanciato dal Ministero della Salute. In Francia 

Comunque, Anche se l’analisi Nutri-score potrebbe apparire un poco severa, riteniamo che proprio analizzando tale variabile sarà possibile individuare Le cultivar ed i prodotti olivicoli FINALI da destinare a singoli segmenti della domanda, al momento assolutamente “superficialmente” presidiata.

Migliori OLi Italiani

Secondo Universofood le classifiche, i giudizi e i responsi delle guide e dei concorsi dedicati al mondo dell’olio extravergine di oliva, e per quanto concerne le nuove edizioni 2023 abbiamo già visto le classifiche del Concorso Sol d’Oro, della guida Flos Olei e del Concorso Ercole Olivario. Un altro punto di riferimento importantissimo per il settore è rappresentato dalla guida Oli d’Italia del Gambero Rosso, di cui abbiamo già visto tutti i Premi Speciali 2023tutti i migliori oli 2023 della Pugliatutti i migliori oli 2023 della Toscana , tutti i migliori oli calabresi del 2023tutti i migliori oli del Lazio 2023 e tutti i migliori della Sardegna 2023.

Malgrado l’enfasi che traiamo dalle nostre manifestazioni tuttavia a scorrere le classifiche e le valutazioni dei migliori oli OEVO del MONDO è sconcertante constatare che

nei primi 10 non ci sia un solo olio Italiano .

  • TOTALE DEI CONCORSOS INTERNATIONAL E CONCORSI NAZIONALE NEL 2022: 46
  • Totale campioni presentati nel 2022(seú.o.):  18.312
  • Totale competizioni nel 2022 analizzati dalla EVOO World Ranking:  32
  • Campione totale considerato dalla EVOOWR:  8.165
  • Totale di paesi che hanno presentato i campioni (almeno 1 campione su 1 Concorso):  38

Nota Personale, abbiamo usato per le statistiche di qualità le valutazioni di EVOOWR, sia per la serietà mostrata per decenni in questo tipo di valutazione, completamente scevra da qualsiasi “pressione” sia per la panoramica vastissima dei prodotti valutati.

Bisogna aggiungere poi che nel panorama mondiale si svolgono altre decine di concorsi ogni anno, pressochè in ogni nazione del mondo, compreso Cina, Giappone, Israele ecc.

Molti, oserei dire TROPPI, che di solito non prendo in considerazione perché buona parte appaiono molto AMICALI mettendo in confusione la Domanda, specialmente internazionale. Tuttavia da questo panorama si evince, analizzando una dozzina di SUPER concorsi, che solo qualche sparuto prodotto italiano rientra nei primi DIECI al mondo, mentre la fanno da padrone gli EVO Spagnoli.

Ma la cosa che più ci interessa è che pressochè NESSUN prodotto MEDITERRANEO NOSTRANO rientra in queste classifiche. Tenuto conto che le zone di produzioni spagnole dell’olio d’oliva sono proprio simili alle mediterranee, questo mi appare incomprensibile.

Da cosa dipenderà? Cultivar Dalle?; Dalla dimensione aziendale?, Dalla commercializzazione?, Dalle legislazioni locali?.

l’Italian Sounding . Questo termine si riferisce  all’utilizzo di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che richiamano l’Italia  su prodotti agroalimentari che in realtà non hanno nulla a che fare con la tradizione enogastronomica italiana. 

Il fenomeno “Italian Sounding”

Questo fenomeno, sebbene possa sembrare innocuo, può avere un impatto significativo sulla competitività dei prodotti italiani sui mercati internazionali.

L’indagine condotta da ISMEA nel suo rapporto 2023 ha rivelato che  il fenomeno dell’Italian Sounding vale 11,7 miliardi di euro , purtroppo alcuni consumatori a livello internazionale preferiscono il falso “Made in Italy” al prodotto autentico, a causa di una percezione errata o di un prezzo più conveniente.

Come ribadiamo allora LA PERCEZIONE DI QUALITA’, per i prodotti, di qualità rimane il parametro dirimente per la scelta del consumatore internazionale. E non mi sembra che gli attori della filiera stanno facendo nulla, come abbiamo detto sopra, per avvicinare il prodotto nazionale alle singole precezioni di qualità internazionali.

A parte campagne asfissianti ripetute e ripetitive che non incidono sulle motivazioni che formano l’effettiva scelta del consumatore internazionale.

Ho sempre pensato che la filiera agroalimentare siciliana così come quella delle altre limitrofe (Puglia Calabria) siano, in primis, statale penalizzate dalla mancanza di GUIDE specifiche Regionali, Nazionali e quindi Europee.

Nel senso che i produttori nostrani hanno preferito chiedere ai politici Leggi “amiche”, Surretizie, piuttosto che progetti di lungo periodo strategici, per conseguire obbiettivi produttivi e commerciali adeguati ai singoli contesti.

QUANTA DOP? QUANTA IGP? ma come fa il consumatore distratto, o al primo approccio con il nostro prodotto per regolarsi.?

Come fa il consumatore di Aickland o dell’Uzbekistan o Zhejiang a scegliere? chi facciamo a farlo decidere al primo approccio? E’ sufficiente che sbandieramo IGP, DOP, EVO. ? se quel consumatore nemmeno conosce la forma dell’abero di ulivo.

Ed allora dobbiamo rivolgerci ai consumatori tradizionali?? Solo a quelli.? Ma con questa logica come avrebbe avuto mai successo la Coca Cola. ? se praticamente nessuno sa nulla della sua composizione ancora oggi.

E mi chiedo infine paradossalmente quanti miliardi di consumatori non presidiamo???

Purtroppo ed infelicemente i produttori nostrani, si sono accontentati di piccole “mancette” annuali: vedi infinite “peronosfere”, ed altri similari interventi che, se hanno aiutato “al momento” la filiera come tappabuchi;

non hanno mai disegnato specifici percorsi produttivi e commerciali dove fare crescere la filiera mediterranea per molti versi “differente” che quella del resto del paese o quella Europea.

Non si è mai lavorato sulle specificità di questa filiera, diverse per cultura, per tipologia produttiva, per clima e per dimensioni delle singole aziende agricole. Non aggiungerei quindi tutte le colpe alla politica.

I politici locali hanno accontentato i produttori per quello che di volta in volta veniva richiesto dai produttori.

Dalla scheda sopra è facile vedere che le maggiori concentrazioni produttive sono allocate proprio nel Sud dell’Italia, con la Puglia che si rappresenta come in assoluto la regione più produttiva.

Tuttavia quando andiamo in analisi dei prezzi dei vendita dei DOP si riscontra subito una notevole differenze di prezzo al ribasso dei prodotti tipicamente mediterranei con i prodotti delle aree settentrionali del paese. (Dati Ismea)

Dipende esclusivamente dalla qualità intrinseca del prodotto?

riteniamo proprio di no, anche perché essendo la domanda costituita da un’enorme variegata pletora di consumatori nazionali ed internazionali, le variabili di prezzo conseguenti alla ” qualità percepita” dal consumatore per esempio: australiano, neozelandese, giapponese ecc.

E dimostreremo nel prosieguo di questo studio che tale differenze dipende da altri fattori strutturali e di mercato. Infine per completare la panoramica della filiera

CHE FARE ??’

Mi sono trovato altre volte a fronte di FILIERE STORICHE dell’agroalimentare che precipitano nella mediocrità. Riguardo l’olio d’oliva è evidente che c’è stata nei decenni una complicità fra i governi che si sono succeduti e le associazioni dei coltivatori per massimizzare i profitti a danno della identità specifica delle produzioni.

L’olivicoltura è una produzione oserei dire (facendo offendere molti produttori) BANALE. Nel senso che non è una specificità Italiana così come i nostri comunicatori hanno sbandierato per anni; “già esisteva in Palestina nell’Orto degli Ulivi come ci racconta il Vangelo a “Getsemani “

presente da sempre in ‘Asia Minore e precipuamente in Siria” e diffusosi in quell’area Turchia, Grecia pressochè spontaneamente. Sono stati i romani ad importarlo in Italia pressoche nel 500 a.c.

Un prodotto che è divenuto velocemente Mediterraneo perchè ne incontra il gusto e l’uso. Tuttavia l’olivicultura ha un problema intrinseco. E’ una produzione FACILE, oserei dire banale. Per cui facilmente riproducibile e coltivabile così come è successo in questo secolo in tutte le aree pover e no del Pianeta. Dalla Tunisia, al Sudafrica, al Sudamerica.

Non è stato sufficiente quindi alle nostre istituzioni tentare di sbandierare la peculiarità del nostro prodotto in maniera indistinta. A Parte la definizione di alcuni standard di qualità (molto approssimati), Nulla si è fatto dal punto di vista del marketing per avvicinarlo a settori specifici di consumo; Per avvicinarlo aa specifiche “abitudini al consumo”.

Attualmente quindi non vedo cosa differenzia buona parte del nostro prodotto da quello Brasiliano, Sudafricano, Turco o Marocchino (quello attuale). Dal momento che si usano le stesse Cultivar su microambienti identici. La differenza sta invece che la coltivazione operata nei paesi poveri, pur essendo simile, ha un costo di produzione inferiore.

Un fattore dirimente nella economia globalizzata, ma soprattutto i nuovi impianti fatti nei nuovi paesi sono una copia migliorata dei vecchi impianti olivicoli mediterranei. Sia per la scelta delle cultivar che rendono un prodotto finale che si avvicina di più al gusto del consumatore internazionale, sia per la dimensione degli impianti /super intensivi) che consentono di ridurre notevolmente i costi di produzione.

Così come per esempio è possibile vedere nella Fazenda Prosperato Brasiliana che segue

Aziende simili stanno sorgendo in Uruguay, Cile, Argentina, Colombia Perù solo per fermarci nel sud america

Con una dimensione di di 440 Ettari di cui 200 a Oliveto, questa recentissima Fazenda insediata a Caçapava do Sul, rappresenta un esempio di cosa sarà il futuro della olivicultura curata perfettamente dal punto di visto agricolo Prosperato h una ottimo posizionamento nel EVOO World Ranking, con vini di pregio

Ritornando a noi, di nuovo ci chiediamo Che fare? Banalmente mio nonno mi raccomandava di ” non produrre nulla che possono ripetere i Cinesi”; è questa è insomma l’area della contesa. In maniera drastica quindi il mio parere è :

o Individuare nicchie di mercato specifiche dove veicolare produzioni innovative di pregio che si sposano con una domanda specifica di altissima gamma .

o, abbandonare progressivamente tali produzioni secolari e sostituirle con altre più redditizie.

o, come sempre accontentarsi di qualche MANCIA GOVERNATIVA, a supporto dell’incapacità dei roduttori.

APPROFONDIREMO ANCORA NEL futuro questa filiera, anche se i margini di manovra sono ristrettissimi. Però mi piacerebbe, proprio per questo, individuare e strutturare un progetto specifico di medio periodo per il comparto. Di difficilissima attuazione visto la qualità del management e delle politiche che vi girano attorno

CONTINUIAMO NEL PROSSIMO LINK PER PARLARE Della Filiera VITICOLA

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