Missioni Militari Italia

June 13, 2020
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L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; ART 11 COSTITUZIONE

Dall’esame della deliberazione del Governo sulle missioni internazionali inviato al Parlamento – da leggere insieme alle disposizioni del Decreto Ucraina approvato a marzo – emerge che le missioni militari italiane all’estero per il 2022 presentano, rispetto allo scorso anno, un incremento di costi complessivi (da 1,35 a 1,5 miliardi di euro) e di personale impiegato (da circa 9.500 a oltre 12 mila uomini). Questo accade in virtù dei nuovi impegni in ambito NATO sul fronte est-europeo in funzione anti-russa, che compensano ampiamente gli effetti della conclusione della missione in Afghanistan.


Oltre alla partecipazione alla forza di reazione ultra-rapida della NATO (VJTF) attivata in funzione di difesa anti-russa – 86 milioni di euro per l’approntamento di 1.350 uomini e relativi mezzi terrestri e aeronavali da combattimento – si registra l’invio di nutriti contingenti dell’Esercito Italiano per la formazione dei Battle Group NATO in Bulgaria (750 uomini, comando italiano) e Ungheria (250 uomini) per un costo totale di quasi 40 milioni di euro e il rinforzo della nostra presenza militare in Lettonia (che sale a 250 uomini) per 30 milioni.

L’altro notevole incremento riguarda le operazioni di difesa aerea anti-russa della NATO a cui partecipano i caccia della nostra Aeronautica Militare che pattugliano i caldissimi cieli della Polonia confinante con l’Ucraina (dopo aver pattugliato quelli della Romania e del Mar Nero) e le aerocisterne e aerei-spia italiane che operano a supporto degli altri caccia NATO. Un incremento di costi (da 33 a 79 milioni e da 2 a 17 milioni) dovuto all’intensificazione delle sortite e quindi dell’aumento delle ore di volo.


E’ invece dovuto all’invio di nuove navi militari della Marina Militare con relativi equipaggi l’incremento del costo (da 17 a 50 milioni) della partecipazione alla missione NATO di pattugliamento navale in funzione anti-russa nel Mediterraneo Orientale e nel Mar Nero, dove incroceranno i nostri cacciamine a supporto delle Marina militare rumena.

Collegato alla guerra in Ucraina e alle tensioni tra NATO e Russia è anche l’incremento del costo della partecipazione alla missione NATO nei Balcani (da 81 a 109 milioni) dovuto preallertamento di un battaglione dell’Esercito Italiano pronto a intervenire nella regione per contrastare tensioni legate alla crisi internazionale est-europea.

Indirettamente legata alla crisi è anche la nuova missione militare in Mozambico (costo 1,2 milioni) a supporto delle forze armate locali che operano in funzione anti-guerriglia nella provincia di Cabo Delgado, teatro di un ribellione – sfruttata da gruppi jihadisti – a seguito della scoperta di mega-giacimenti di gas off-shore strategiche per l’Eni in vista dello stop delle forniture russe.


Restando in Africa, in Mali la missione italiana continua a costare una cifra ingente seppur in diminuzione (da 49 a 35 milioni) nonostante la chiusura dell’operazione anti-jihadista Takuba a guida Francese in seguito alla rottura diplomatica con la giunta golpista di Bamako e il suo progressivo riposizionamento nel vicino Niger, dove infatti si registra per la missione italiana un incremento di costi (da 44 a 62 milioni) e di personale.

In Libia, se da una parte si registra una riduzione dell’operazione nazionale di supporto medico a Misurata – MIASIT, ex Ippocrate – e quindi del suo costo (da 47 a 40 milioni), dall’altra si mantiene consistenza e costo della missione di supporto alla Guardia Costiera e alla Marina libiche (95 milioni) prevedendo anzi un rafforzamento del dispositivo aeronavale. Questo nonostante le mozioni parlamentari che chiedevano al Governo il superamento di questa missione con il trasferimento delle sue funzioni alle missioni europee – che invece rimangono puramente simboliche: la missione europea di assistenza alle frontiere (EU Border Assistance Mission in Libya – EUBAM) conta 5 uomini dall’Italia (per meno di mezzo milione di euro).

Da ultimo l’Iraq, dove è ancora in corso il passaggio di consegne tra la missione anti-Isis a guida USA e quella NATO di cui l’Italia ha assunto il comando: qui il travaso di uomini e mezzi risulta in un incremento dei costi complessivi (da 245 a quasi 300 milioni) in virtù del raddoppio dei mezzi terrestri schierati (da 110 a quasi 200).



Sotto il cappello di chi?

Nove le missioni ‘in ambito’ NATO, ben 13 quelle di Unione Europea e 8 a targa ONU. Le rimanenti 9 (più Gibuti e Golfo Persico, non missioni vere e proprie ma impegni in prevalenza logistici) sono nazionali. Le missioni nell’Alleanza Atlantica coinvolgono 5.447 militari (numero massimo), quasi la metà del totale. Impegni su base nazionale 2.426 militari, ONU 1.266, ‘coalizioni’ 1.250, e UE con 1.151 militari.
La geografia militare italiana: Europa 6.755 militari, 59% del totale a crescere; Asia, 2.984 militari e 26% del totale; Africa, 1.756 militari e 15%.

Le missioni confermate in Europa

La relazione del Governo scrive di 6 missioni dedicate all’Europa ma in realtà l’impegno è decisamente più ampio. Insensatamente o furbescamente descritto in sezione a parte. Kosovo-Nato: non trascurabile presenza sul terreno e una consistente riserva in Italia. 1.573 unità di personale e 106 milioni di costo. Bosnia-Ue: 195 unità con 40 mezzi terrestri e 1 aereo. Il tutto per un costo di 8,7 milioni. Cipro-Onu: 5 militari e 395mila €.


Operazioni aeronavali

‘Sea Guardian’, area Mediterraneo,240 unità, 2 mezzi navali e altrettanti aerei, costo di 11,3 milioni. EUNAVFOR MED Irini: Mediterraneo Libia. 406 unità con un mezzo navale e 2 aerei, spesa di 31,8 milioni. Mediterraneo Sicuro e supporto alla Marina Libica: 826 persone, 6 mezzi navali (1 assegnato all’assistenza della Marina di Tripoli) e 8 aerei. Costo previsto 104,6 milioni.

Sui confini della Nato

«Sorveglianza aerea dello spazio aereo della NATO» personale fino a 45 unità,  3 aerei e 7,5 milioni. ‘Standing Naval Forces’ tra Atlantico/Mare del Nord/ Mar Baltico e Mar Mediterraneo/ Mar Nero. Il personale aumenterà fino a 567 unità, con 5 mezzi navali, 4 aerei e 64,4 milioni di costo. ‘Air Policing/Air Shielding’: 300 unità, 12 mezzi aerei (più 4 terrestri) e un impegno economico di 52,9 milioni.
Vigilanza aerea Sud-Est della Nato (eVA), Slovacchia, Bulgaria, Romania e Ungheria, con una serie di ‘dispositivi ‘pregiati’ (la batteria SAMP/T schierata in Slovacchia). 2.120 persone, 450 mezzi terrestri e 10 aerei, costo 150 milioni. NATO in Lettonia (eFP): 370 persone con 166 mezzi terrestri. Costo 39,6 milioni.

Asia e soprattutto Medio Oriente

Una doppia presenza in Libano. ONU-UNIFIL: 1.169 militari impegnati, 388 mezzi terrestri, 1 navale e 7 aerei. 149,7 milioni di €. Poi addestramento delle Forze Armate Libanesi fino a 190 unità, che potranno disporre di un mezzo navale (quando possibile) e uno aereo, con un fabbisogno di 11,8 milioni di euro. Seminascosta la missione di addestramento delle Forze di sicurezza Palestinesi, 33 militari e un 1,8 milioni. di €.
Iraq. Si comincia con la Coalizione internazionale contro Isis-Daesh, e militari schiarati in Iraq e in Kuwait. Massimo di 1.005 persone, 118 mezzi terrestri e 11 aerei. È la missione più costosa in assoluto, con 241,3 milioni. Più NATO Mission: 225 unità, 100 mezzi terrestri e 4 aerei, 31 milioni di euro. Oltre le ‘Micro missioni’: EUAM, 2 persone, che sarà approvata dal Parlamento quando già finita e 161mila € spesi. Altri 2 militari vestiti Onu, osservatori tra in India e Pakistan.
Mondo arabo: Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrein, 158 persone, 2 mezzi aerei; e 18,3 milioni. Strait of Hormuz: 200 unità, un mezzo navale e 3 aerei e in 19,7 milioni (la nave Morosini nell’Indo-Pacifico).

L’Africa

Il dato più significativo, sottolinea Giovanni Martinelli, che l’Africa rimane l’area con il maggior numero di missioni: 21 in totale. Dal 1°giugno, tre missioni in meno da approvare post mortem. Presenza molto frammentata salvo Libano e Iraq. Nazioni Unite e bilaterale in Libia: 200 unità, 2 mezzi aerei e costo di 26 milioni. Poi la Tunisia con 15 unità militari di 343mila euro.
Sahel. Fine della nostra partecipazione a 2 missioni al 31 maggio (lapide parlamentare).. Il deterioramento della situazione nel Mali che sta portando a un inevitabile disimpegno, mentre aumenta lo sforzo in Niger con 3 missioni, 500 militari, 100 mezzi terrestri e 5 aerei per 52,9 milioni di euro. E ‘Observers’ in Egitto, 78 militari, 3 mezzi navali e 6,8 milioni.
Corno d’Africa. Missione anti-pirateria EUNAVFOR con 198 unità di personale, 1 mezzo navale e 2 aerei imbarcati e 26,8 milioni in uscita. UE in Somalia, con personale fino a 169 unità, 35 mezzi terrestri e un fabbisogno di 16 milioni, e sigla dopo sigla, EUCAP Somalia, 15 unità militari e 300mila euro. Mentre la United Nations sempre in Somalia chiuderà il 31 maggio.
Missione di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane, dei funzionari yemeniti e delle forze armate gibutiane con 115 unità e 7,3 milioni. Ma lo ‘snodo logistico’ per la nostra presenza nella regione impegna 147 militari, 10 mezzi terrestri, e 12,7 milioni.
Africa varia. «EUTM Mozambico», 15 unità di personale e poco meno di 2 milioni di impegno finanziario. Più consistente il «dispositivo aeronavale di sorveglianza e sicurezza nel Golfo di Guinea» (antipirateria): una nave, 2 mezzi aerei imbarcati, 192 militari e 13,8 milioni.

Oltre alla incomprensibile missione Nato con 7 militari a vigilare su un imprecisato ‘fianco Sud dell’Alleanza’ che nessuno ha voluto o saputo spiegare il dove e il come.



L’«interesse nazionale» non va in missione

Quesito, quale l’«interesse nazionale» oggi in permanenza di Covid e appena agli inizia di una crisi planetaria di cui nessuno è in grado di prevedere dimensioni, sviluppi, e tantomeno rimedi. L’amico Alberto Negri, tra le tante virtù, ha anche quella di andare dritto al punto dolente senza girarci attorno. Ad esempio, politica estera, il sostegno armato italiano all’Egitto che, oltre alla offensiva beffa Regeni, porta avanti una politica di aerea certamente opposta ad alcuni noti interessi nazionali italiani in Libia. E proprio a partire dalla Libia, la critica più dura: «Dopo la Libia 2011, l’Italia avrebbe dovuto ritirarsi per protesta da qualunque missione all’estero. Fatta eccezione per l’Unifil, l’operazione Onu per sorvegliare il cessate il fuoco tra Libano e Israele, che nel 2006 fu uno dei non tanti successi della nostra diplomazia (ministro degli Esteri D’Alema)». Valutazione forse un pochino partigiana, ma non facilmente contestabile.


Ancora e sempre Libia

«Nel 2011 l’iniziativa francese, britannica e americana di colpire Gheddafi ha rappresentato la più grande sconfitta dell’Italia dalla seconda guerra mondiale». Non solo petrolio e gas Eni minacciati e spesso tolti, ma in cambio centinaia di migliaia di migranti in fuga dalla disperazione d’Africa, «influendo sulla destabilizzazione del quadro politico italiano». «Ma l’Italia non poteva neppure protestare perché un mese dopo gli attacchi si è unita alla Nato nei raid contro Gheddafi perdendo ogni credibilità con i partner della Sponda Sud». Domanda finale al veleno: «Quale compensazione abbiamo avuto dalla partecipazione alla missione Nato contro Gheddafi?». Presunti amici ed avversari a minacciare i nostri interessi energetici nel Mediterraneo.  

Erdogan e il rubinetto dei migranti

Questione dei migranti e novità di cui non si sono colti cenni governativi di alcun genere. Erdogan ‘guardiano in conto Unione europea dei flussi migratori sulla rotta balcanica’, adesso, braccio armato di Tripoli, passa a contrattare anche sulla rotta libica? Sempre grazie alla Turchia che in Libia ha usato anche milizie jihadiste, presto dalla rotta libica potrebbero arrivare non solo flussi migratori, avverte Alberto Negri. Confusione strategica. Missione Irini per l’impossibile embargo armi alla Libia che la Turchia Nato viola sfacciatamente. Ieri la Francia ne è uscita gridando. Noi un po’ qui un po’ là. Con Sarraj (ed Erdogan) a Tripoli, ma vendendo armi ai loro nemici egiziani, con cui estraiamo petrolio in mare litigando proprio con Ankara.

Capra e cavoli spesso a perdere

«Alcune di queste missioni non hanno alcun senso, come quella che dura da 19 anni in Afghanistan. Teniamo 800 soldati e una base che non ci servirà a niente soprattutto se gli americani e Kabul faranno l’accordo con i talebani», il categorico Alberto Negri. Per quanto possa valere, Remocontro sottolinea. Dubbi anche sulla “Coalizione per il Sahel”, una missione contro il terrorismo nel Sahel, con la cooperazione di 14 Paesi europei ma al di fuori dell’Unione e legata soprattutto ainteressi di Parigi. Conclusione di Negri. «Detto questo, le missioni all’estero servono anche per fare un po’ di pubblicità alla nostra industria bellica. Corriamo dei rischi con i militari per far un po’ di soldini. Quindi se non è proprio necessario è meglio starsene a casa, così eviteremo di scrivere in futuro articoli grondanti retorica sulle sorti geopolitiche del nostro bellissimo Paese».

Politica estera e Marò

Sempre a proposito di missioni estere o quasi. La vicenda dei due Marò che saranno processati in Italia, salvo pagamento danni all’India. Chi ha vinto, chi ha perso, e la politica di divide, rischiando spesso il ridicolo. Ne abbiamo scritto ieri ma, stando a certe reazioni di rivalsa nazionale, qualche chiarimento forse utile. La sentenza del Tribunale Internazionale di Arbitrato dell’Aja vincola inappellabilmente -nel momento stesso in cui vi accede- i due litiganti al rispetto della sentenza salvo un isolamento internazionale di portata inimmaginabile. Processo in Italia per i due marò, evviva, ma l’imputazione sarà sempre per omicidio, colposo, preterintenzionale, accidentale, o con tutte le attenuanti che possiamo pensare, ma due uomini sono stai uccisi, salvo non valutare come riduttivo rispetto ad eventuali imputazioni il fatto che le vittime fossero pescatori indiani.

Processo italiano doppio rischio

Sarà un tribunale di casa (civile, militare?) a dover decidere la giusta pena per l’incidente con due vittime. Con la giusta comprensione dovuta ai due militari involontariamente coinvolti in una vicenda drammatica certamente strumentalizzata dall’India e molto più grande di loro, ora si deve testimoniare dell’Italia Stato del diritto. Salvo che qualcuno non voglia invocare immunità militari inesistenti per la legge italiana, esempio, i piloti Usa assassini della strage del Cermis, impuniti per privilegio di rango, solo per fare un esempio che ancora ci brucia sulla pelle. Un po’ di sana ragionevolezza anche nelle reazioni di oggi, aiuterà certamente la miglior soluzione per i due nostri amici Marò che già hanno pagato molto in termini personali per quel tragico evento.

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