GLADIO

March 19, 2024
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È ormai dominante l’idea che non solo Sifar, Sid, Sismi ecc., ma anche le altre organizzazioni para-militari (a cominciare da quella più nota, Stay Behind da noi chiamata Gladio) che hanno visto la luce tra la fine del fascismo e la Prima Repubblica, siano stato (e in gran parte continuino ad essere) delle armi di lotta contro la democrazia invece che di contrasto al comunismo (e non solo).

Il governo inglese ha desecretato file scottanti sul terrorismo italiano e il caso Moro.

Il ministero degli esteri inglese ha appena declassificato una serie di documenti scottanti rimasti fino ad oggi riservati.

Si tratta di carte dalla portata esplosiva riguardanti il possibile ruolo giocato dall’organizzazione paramilitare Gladio negli anni del terrorismo in Italia, il supporto operativo che essa avrebbe ottenuto dagli 007 anglosassoni e le implicazioni legate ai presunti condizionamenti dell’intelligence dietro alla morte di Aldo Moro.

Sullo sfondo, si stagliano le ombre sulla P2 di Licio Gelli, loggia massonica che avrebbe partecipato in prima linea alla “strategia della tensione”.

Il quadro, anche alla luce delle recenti sentenze che hanno appurato il ruolo operativo di massoneria deviata e servizi segreti negli attentati che hanno insanguinato l’Italia negli “anni di piombo”, prende sempre più forma.

Un altro fatto troverebbe conferma nei documenti, in cui si legge che “non è un segreto” che il governo USA offrì “un occasionale sostegno alla P2 e, in alcuni casi, anche ad atti di terrorismo in Italia”.

Stay-Behind

L’accusa che viene mossa all’intera rete di difesa (statale e privata, segreta e pubblica, nazionale e internazionale ecc.) della repubblica è di avere operato come una struttura anti-comunista.

E più precisamente: di avere in questo modo contribuito a perpetuare discriminazioni a danno di minoranze, alimentare nuove e vecchie diseguaglianze ed esclusioni fino a tentare manomissioni istituzionali e colpi di stato veri e propri.

Questo è il tono e l’argomento comune alle narrazioni e alle analisi di Gianni Barbacetto, Gianni Cipriani, Giuseppe De Lutiis, Sergio Flamigni, Aldo Giannuli, Ferdinando Imposimato, Andrea Provvisionato, Nicola Tranfaglia e più cautamente Miguel Gotor e Francesco M. Biscione. 

Non ci possono essere incertezze né indulgenze. La formazione di questo fronte comune va denunciato per quello che è stato, cioè un tentativo di delegittimare le istituzioni della democrazia repubblicana, ma anche di sovvertirla a mano armata o con trame di ogni tipo. Una volta affermata questa differenza, occorre dire che l’orientamento anti-comunista di cui la nostra intelligence viene accusata non è stato un errore. 

A fianco, anzi parallelamente, al Sid era stata costituita un’organizzazione armata dove dirigenti delle forze armate convivevano con bande di estremisti di estrema destra (non sempre o assai poco identificabili col gruppo dirigente del Msi) e qualche collegamento con lo stesso Ministero dell’Interno.

Non basta dire che si trattò di un’unità d’azione imposta dalla necessità di fronteggiare i comunisti. Neanche nella lotta politica contro un avversario così numeroso e potente si poteva fare di tutta l’erba un fascio.

Come presidente del Consiglio, ministro degli esteri, della Difesa e dell’Interno, Giulio Andreotti avrebbe dovuto sapere che nella lotta per sbarrare la strada al Pci i metodi proposti, e praticati, non erano uniformi, ma erano assai diversi.

Uno era quello di servirsi del voto, fare leva su ogni mezzo (non necessariamente impeccabile, ma non illegale!) per democraticamente influenzare l’elettorato perché ritraesse il consenso dato ai comunisti. Un altro, assai differente, era quello consigliato dal direttore del Rei (un ufficio del Sifar). Si trattava del colonnello Renzo Rocca che sarebbe passato al servizio di Vittorio Valletta, alla Fiat, dove rimarrà vittima, per così dire, di un celebre suicidio nel suo ufficio romano. Il metodo suggerito dall’ufficiale torinese corrispondeva ad una caccia col morto dei comunisti, col ricorso a forme di esecuzione sommaria, anche individuale. Un mix di tecniche di annientamento di tipo fascista e bolscevico. Rocca, al capo Reparto D del Sifar, generale Giovanni Allavena, nel settembre 1963 per fermare l’ascesa del comunismo, raccomandava, “di usare tutti i sistemi, anche quelli non ortodossi, della intimidazione, della minaccia, del ricatto, della lotta di piazza, dell’assalto, del sabotaggio, del terrorismo”.

E quanto si può leggere in una relazione al Sismi del 12 settembre 1963.

Che il comunismo fosse il problema numero uno da affrontare una volta abbattuto il nazifascismo fu chiaro ai comandanti militari alleati.

Basta pensare alla Operazione Sunrise. Fu discussa a lungo in Svizzera nell’inverno 1944, alla ricerca di un accordo tra gli esponenti del comando alleato e alcuni alti ufficiali dell’ormai sconfitto esercito tedesco dislocati nell’Italia settentrionale.

Questa operazione fu ritardata e rimandata al dopoguerra quando venne avviato un processo che sfocerà nella creazione di una struttura (a livello dei Paesi della Nato) parallela al Sifar (e ad esso incorporato), cioè Stay Behind detta Gladio.

Venne messa a punto nel 1956 sulla base di un accordo tra la Cia e il Sifar, ricevette finanziamenti e armamenti dagli Stati Uniti e poté effettuare reclutamento di personale (il 18 ottobre 1990, secondo Andreotti, ammontavano a 622 unità).

LA P2  e GLADIO

È quasi impossibile credere che verità scomode non siano state eliminate dai documenti britannici sull’operazione Gladio prima della declassificazione. Tuttavia, il materiale recentemente pubblicato è altamente illuminante. Coprendo un periodo difficile di dodici mesi dopo la prima rivelazione pubblica dell’esistenza di Gladio, i documenti illustrano come l’apparato di intelligence straniero di Londra mantenne un occhio attento sul continente mentre gli eventi si svolgevano.

I documenti non solo gettano nuova luce sulla cospirazione, ma sottolineano anche l’importanza di Gladio nel momento in cui l’intelligence britannica si unisce alle sue controparti americane in complotti contemporanei che coinvolgono forze partigiane segrete dalla Siria all’Ucraina. 

Vari passaggi sparsi lungo la tranche suggeriscono fortemente che gli inglesi sapevano molto più di quanto ammettessero pubblicamente su atti criminali vergognosi, incluso il tentativo di rovesciare un governo italiano alleato e il rapimento e l’omicidio del suo leader.

Una “rete di resistenza clandestina” si mette all’opera

Gladio consisteva in una costellazione di eserciti partigiani anticomunisti “restanti” la cui missione apparente era quella di respingere l’Armata Rossa in caso di invasione sovietica. In realtà, queste forze hanno commesso innumerevoli atti violenti e criminali come parte di una “strategia della tensione” progettata per screditare la sinistra e giustificare la repressione dello stato di sicurezza.

Come ha spiegato Vincenzo Vinciguerra, un agente della Gladio incarcerato a vita nel 1984 per un’autobomba in Italia che uccise tre agenti di polizia e ne ferì due :

“Avresti dovuto attaccare civili, donne, bambini, persone innocenti esterne all’arena politica. La ragione era semplice: costringere la gente a rivolgersi allo Stato e chiedere maggiore sicurezza… La gente scambierebbe volentieri la propria libertà con la sicurezza di poter camminare per strada, prendere il treno o entrare in una banca. Questa era la logica politica dietro gli attentati. Rimangono impuniti perché lo Stato non può condannare se stesso”.

Lo scandalo scatenato nelle capitali occidentali dalla denuncia di Gladio ha dominato per mesi i titoli dei principali giornali. Il Parlamento europeo ha risposto approvando una risoluzione che condanna l’esistenza di “un’organizzazione clandestina parallela di intelligence e operazioni armate [che] sfuggiva a tutti i controlli democratici, potrebbe aver interferito illegalmente negli affari politici interni degli Stati membri [e] avere a sua disposizione arsenali indipendenti e risorse militari… mettendo così a repentaglio le strutture democratiche dei paesi in cui operano”.

La risoluzione richiedeva indagini giudiziarie e parlamentari indipendenti su Gladio in ogni stato europeo. Ma a parte le indagini in Belgio, Italia e Svizzera, non si è materializzato nulla di sostanziale. Inoltre, gli investigatori hanno pesantemente oscurato i loro risultati evitando di farli tradurre in inglese. Ciò potrebbe aiutare a spiegare perché lo storico scandalo è stato in gran parte dimenticato.

In questo contesto, i documenti appena declassificati potrebbero rappresentare una delle fonti primarie più preziose fino ad oggi, offrendo nuove intuizioni sulle origini e sul funzionamento interno delle milizie terroristiche segrete della NATO in Italia. 

Prendiamo ad esempio un promemoria (vedi qui )  preparato da Francesco Fulci, rappresentante permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite, che fu condiviso in una riunione “super ristretta” del 6 novembre 1990 del Consiglio Nord Atlantico , il principale organo decisionale politico della NATO. corpo, poi inoltrato agli alti funzionari britannici in patria e all’estero.

Basandosi su una nota fornita dall’allora premier romano Giulio Andreotti al “capo della Commissione parlamentare italiana d’inchiesta sugli episodi di terrorismo”, il promemoria inizia rilevando che dopo la seconda guerra mondiale, i servizi segreti occidentali idearono “mezzi di difesa non convenzionali, mediante creando nei loro territori una rete nascosta di resistenza mirata ad operare, in caso di occupazione nemica, attraverso la raccolta di informazioni, il sabotaggio, la propaganda e la guerriglia”.

Secondo il promemoria, le autorità di Roma iniziarono a gettare le basi di una tale organizzazione nel 1951. Quattro anni dopo, i servizi segreti militari italiani (SIFAR) e “un corrispondente servizio alleato” – riferimento alla CIA – concordarono formalmente il organizzazione e attività di una “rete clandestina post-occupazione”:

“[Gladio] era; formato da agenti attivi sul territorio che, in ragione della loro età, sesso e attività, potrebbero ragionevolmente evitare l’eventuale deportazione e prigionia da parte degli occupanti stranieri; facile da gestire anche da una struttura di comando fuori dal territorio occupato; ad un livello top secret e quindi suddiviso in ‘celle’ in modo da minimizzare ogni possibile danno causato da defezioni, incidenti o penetrazioni di rete.”

La “rete di resistenza clandestina” era suddivisa in rami separati, che coprivano operazioni di informazione, sabotaggio, propaganda, comunicazioni radio, crittografia, accoglienza ed evacuazione di persone e attrezzature. Ognuna di queste strutture doveva operare in modo autonomo, “con collegamento e coordinamento assicurati da una base esterna”. 

Il SIFAR ha istituito una sezione segreta dedicata al reclutamento e all’addestramento degli agenti Gladio. Nel frattempo, ha mantenuto cinque “unità di guerriglia pronte al dispiegamento in aree di particolare interesse” in tutta Italia, in attesa di essere attivate su base continuativa.

I “materiali operativi”, tra cui un’ampia varietà di esplosivi, armi – come mortai, bombe a mano, pistole e coltelli – e munizioni sono stati nascosti in 139 depositi sotterranei segreti in tutto il paese. Nell’aprile 1972, “per migliorare la sicurezza”, questi arsenali furono riesumati e trasferiti negli uffici dei Carabinieri, la polizia militare di Roma, vicino ai siti originari. 

Solo 127 depositi di armi furono ufficialmente recuperati. Il promemoria afferma che almeno due “furono molto probabilmente portati via da sconosciuti” al momento della loro sepoltura, nell’ottobre 1964. Chi fossero questi agenti e cosa facessero con le armi rubate è lasciato all’immaginazione.

Coinvolgimento britannico nel tentativo di colpo di stato

Alla fine Fulci fu interrogato dai partecipanti al vertice del Consiglio Nord Atlantico “se Gladio avesse deviato dai suoi obiettivi corretti”. In altre parole, oltre a operare esclusivamente come forza “stay-backed”, da attivare in caso di invasione sovietica. Anche se “non poteva aggiungere nulla a ciò che c’era nel promemoria”, Fulci ha confermato che “le armi usate in alcuni incidenti terroristici provenivano da negozi aperti da Gladio”.

Ciò potrebbe riflettere il fatto che la violenza politica era uno degli “obiettivi corretti” di Gladio. Un rapporto SIFAR del giugno 1959 portato alla luce dallo storico Daniele Ganser conferma che l’azione di guerriglia contro le “minacce interne” era parte integrante dell’operazione sin dal suo inizio. Nel contesto italiano, ciò ha comportato il terrore sistematico della sinistra.

Mentre il Partito Comunista Italiano cresceva nei sondaggi in vista delle elezioni nazionali del 1948, la CIA pompava denaro nelle casse dei Democratici Cristiani e avviava una connessa campagna di propaganda anticomunista. Lo sforzo di cappa e spada ebbe così tanto successo nel prevenire lo scoppio di un governo di sinistra a Roma che Langley intervenne segretamente in ciascuna delle elezioni romane per almeno i successivi 24 anni.

Eppure le operazioni segrete della CIA non furono sufficienti a impedire agli italiani di eleggere occasionalmente i governi sbagliati. Le elezioni generali del 1963 videro nuovamente prevalere i democratici cristiani, questa volta sotto la guida del politico di sinistra Aldo Moro, che cercò di costruire una coalizione con i socialisti e i socialisti democratici. Nel corso dell’anno successivo scoppiarono lunghe controversie tra questi partiti sulla forma che avrebbe assunto la loro amministrazione.

Nel frattempo, il SIFAR e gli specialisti delle operazioni segrete della CIA come William Harvey, noto come “James Bond americano”, escogitarono un complotto per impedire al governo di entrare in carica. Conosciuto come ” Piano Solo “, inviò gli agenti di Gladio per un tentativo di omicidio sotto falsa bandiera contro Moro che sarebbe deliberatamente fallito. 

Secondo il piano, il rapitore avrebbe dovuto affermare che i comunisti avevano ordinato di uccidere Moro, giustificando così il violento sequestro di sedi di numerosi partiti politici e giornali, insieme all’imprigionamento di fastidiosi esponenti della sinistra presso il quartier generale segreto del capitolo Gladio in Sardegna. Il piano alla fine fu interrotto, sebbene rimase sul tavolo per tutto il 1964.

Moro divenne Primo Ministro senza incidenti e governò fino al giugno 1968. Piano Solo fu oggetto di un’indagine ufficiale quattro anni dopo, ma i risultati non furono pubblicati finché il pubblico non venne a conoscenza dell’esistenza di Gladio. Sebbene i risultati omettano qualsiasi riferimento al ruolo della Gran Bretagna nel colpo di stato pianificato, i documenti appena rilasciati suggeriscono fortemente il coinvolgimento di Londra. (Leggili qui ).

L’allora presidente italiano Francesco Cossiga chiese al ministero di consegnare “i dettagli delle misure di soggiorno del Regno Unito nel 1964”, secondo una dettagliata nota del Ministero degli Esteri del febbraio 1991 sui recenti sviluppi dello scandalo.

A quanto pare Cossiga ha avviato questa indagine a seguito di un giudice “le cui indagini sugli attacchi terroristici irrisolti hanno portato alla luce per la prima volta l’Operazione Gladio” e che ha compiuto il “passo senza precedenti” di chiedere al presidente di testimoniare sotto giuramento sulla cospirazione. A questo punto, Cossiga aveva ammesso di aver appreso dell’esistenza della forza “resta indietro” mentre prestava servizio come giovane ministro della Difesa nel 1966. 

La sua domanda al Ministero degli Esteri suggerisce fortemente che l’intelligence britannica abbia avuto un ruolo in Piano Solo e che il presidente italiano fosse ben consapevole del complotto.

“uno o più sequestratori di Moro erano segretamente in contatto con gli apparati di sicurezza”

Il 16 marzo 1978 un’unità delle Brigate Rosse militanti di sinistra rapirono Moro. Stava andando a un incontro ad alto livello dove intendeva dare la sua benedizione a un nuovo governo di coalizione che contava sul sostegno comunista, quando i rapitori lo hanno estratto violentemente dal suo convoglio. Cinque delle guardie del corpo di Moro furono uccise durante il processo.

 

Dopo quasi due mesi di prigionia, quando divenne chiaro che il governo non avrebbe negoziato con le Brigate Rosse né rilasciato nessuno dei suoi membri incarcerati in cambio di Moro, i rapitori giustiziarono l’ex primo ministro italiano. Il suo cadavere crivellato di proiettili fu lasciato nel bagagliaio di un’auto a marcire e affinché le autorità lo trovassero.

L’omicidio di Moro ha suscitato sospetti diffusi e fondati che gli agenti di Gladio si siano infiltrati nelle Brigate Rosse per spingere il gruppo a commettere atti eccessivamente violenti al fine di fomentare la domanda popolare per un regime di legge e ordine di destra. Forse più di ogni altro incidente, la sua uccisione ha soddisfatto gli obiettivi della strategia di tensione dello stato di sicurezza. 

Che Moro sia stato o meno una vittima di Gladio, una nota declassificata del Ministero degli Esteri del 5 novembre 1990, scritta dall’allora ambasciatore britannico a Roma, John Ashton , rende chiaro che Londra sapeva molto di più sul caso di quanto sia mai stato rivelato pubblicamente da qualsiasi funzionario. fonte. (Leggi la nota completa di Ashton qui ).

“Ci sono prove circostanziali che uno o più dei sequestratori di Moro fossero segretamente in contatto con l’apparato di sicurezza in quel momento; e che quest’ultimo ha deliberatamente trascurato di seguire piste che avrebbero potuto condurre ai rapitori e salvare la vita di Moro”, ha dichiarato Ashton.

Inoltre, secondo il diplomatico britannico, il comitato di crisi presidenziale responsabile del tentativo di salvare Moro faceva parte della famigerata P2 – la “loggia massonica sovversiva” composta dalle élite politiche fedeli a Gladio. 

Secondo Ashton, la P2 era solo una delle tante “misteriose forze di destra” che cercavano “con il terrorismo e la violenza di strada di provocare una reazione repressiva contro le istituzioni democratiche italiane” nell’ambito della “strategia della tensione”. E il presidente Cossiga era del tutto ignaro che si fosse infiltrata nel suo comitato di crisi.

Nell’aprile 1981 , i magistrati di Milano fecero irruzione nella villa di Licio Gelli, un finanziere italiano autoidentificatosi come fascista e fondatore della P2. Lì, hanno scoperto un elenco di 2.500 membri che si legge come un “Who’s Who” di politici italiani, banchieri, spie, finanzieri, industriali e alti funzionari delle forze dell’ordine e militari. Tra i membri più importanti della cabala c’era Silvio Berlusconi.

Il “compromesso storico” di Moro, in base al quale i comunisti “hanno reso possibile il governo Andreotti”, sarebbe stato il “passo finale del partito prima della propria entrata nel governo”. Ashton affermò che questo sviluppo “era un anatema per la P2”, che aveva “allora il controllo virtuale dell’apparato di sicurezza [italiano]”, e anche per molti politici dell’establishment non appartenenti alla P2, e anche per gli Stati Uniti”, e cercò di “eliminare una volta e per ogni possibilità che il Partito Comunista… possa raggiungere il potere nazionale”.

Ashton ha riconosciuto “prove circostanziali” del “sostegno statunitense alla P2”. In realtà, il fondatore della P2 Gelli era così ben collegato all’apparato di sicurezza nazionale e di intelligence di Washington che la stazione romana della CIA lo aveva esplicitamente accusato di aver stabilito un governo parallelo anticomunista a Roma.

Successive indagini mostrarono come Henry Kissinger contribuì a supervisionare il reclutamento di 400 ufficiali di alto rango italiani e della NATO come agenti della P2 nel 1969. Gli Stati Uniti furono così grati per l’epurazione anticomunista di Gelli che lo resero un ospite d’onore alle cerimonie di inaugurazione della I presidenti Gerald Ford, Jimmy Carter e Ronald Reagan.

Ashton ha concluso la sua nota rivelatrice sottolineando che la verità sul coinvolgimento di Washington negli insanguinati “Anni di Piombo” di Roma “probabilmente non sarebbe mai stata conosciuta”. L’intera portata del coinvolgimento della Gran Bretagna negli attacchi terroristici, nel rovesciamento del governo, nelle campagne di destabilizzazione e in altri atroci imbrogli sotto l’egida dell’Operazione Gladio, non solo in Italia ma in tutta Europa, rimarrà quasi certamente anch’essa un segreto, e intenzionalmente.

Fu solo nel 1993 che l’opinione pubblica apprese come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna donarono munizioni agli agenti della Gladio per fomentare sanguinosi atti di terrore in tutta Italia. Come ha detto Francesco Fulci ai suoi amici della NATO durante l’incontro “super-ristretto”, Washington e Londra sono stati gli autori di attacchi di massa tra cui l’attentato del 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna Centrale, che uccise 85 persone e ne ferì oltre 200.