Casualità Indeterminazione

February 26, 2025
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meccanica quantistica

Possiamo considerare lo stato attuale dell’universo come l’effetto
del suo passato e la causa del suo futuro.

Un intelletto che ad un determinato istante dovrebbe conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un’unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell’universo e quelli degli atomi più piccoli;

per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi.

(da Essai philosophique sur les probabilités)

Se per spiegazione meccanica della natura intendiamo quella
che poggia sulle leggi della meccanica usuale, dobbiamo allora
dichiarare che è del tutto incerta la possibilità che l’atomismo del
futuro continui ad essere una spiegazione meccanica della natura.
Se ho molte particelle è la statistica che comanda…

Ludwig Boltzmann, 1897, l’incertezza 1.

quantist

“Una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancare di vedere, e allora diciamo che l’effetto è dovuto al caso.

Se conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell’universo all’istante iniziale, potremmo prevedere esattamente la situazione dello stesso universo in un istante successivo. Ma se pure accadesse che le leggi naturali non avessero più alcun segreto per noi, anche in questo caso potremmo conoscere la situazione iniziale solo approssimativamente.

Se questo ci permettesse di prevedere la situazione successiva con la stessa approssimazione, non ci occorrerebbe di più e dovremmo dire che il fenomeno è stato previsto, che è governato da leggi. Ma non è così, può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. Un piccolo errore nelle prime produce un errore enorme nei secondi. La previsione diventa impossibile e si ha un fenomeno fortuito”.

(da Science et méthode).

COSA E’ ALLORA IL CAOS?

E’ caotico un sistema dinamico non lineare, in cui piccole differenze nelle condizioni iniziali danno luogo a evoluzioni temporali molto diverse; per esempio una palla lanciata in aria non è un fenomeno caotico. Una palla in un biliardo che urta altre palle sì.

Sistema non lineare: f(x+y) ≠ f(x)+f(y) , f(kx) ≠ kf(x)

raddoppiando le cause non raddoppiano gli effetti. L’evoluzione di un sistema composto non è a priori scomponibile nell’evoluzione dei suoi sottosistemi. Non è riducibile.

Un sistema caotico non è necessariamente un sistema puramente
casuale: spesso il caos segue leggi deterministiche

W. Heisenberg – Il Principio di Indeterminazione

Nel 1927 Heisenberg formulò il principio di indeterminazione che governa, appunto, alcune possibilità di conoscenza a livello quantistico

 
 
egli stabilì che “in ragione del carattere intrinseco delle particelle subatomiche (i quanti) e del loro peculiare e imprevedibile comportamento dovuto alle duplici dimensioni in campo, l’ondulatorietà e la matericità, non è possibile individuare alcuna verità onnicomprensiva dal momento che le due dimensioni [posizione e velocità] sono osservabili solo separatamente, e mai simultaneamente” (ivi).
 
In altre parole, il comportamento delle particelle subatomiche non è prevedibile, semmai può essere esclusivamente oggetto di una probabilità statistica.
 
Con la teoria dei quanti vengono stabilità inquietanti rapporti tra il reale ed il possibile, “tra il non visibile e l’osservabile”, tra l’immaginario e il reale, rapporti tradizionalmente ritenuti appannaggio non certo del campo scientifico, semmai del campo filosofico-artistico-letterario” (ivi).

E’ chiaro, quindi, che alla luce di tali problematiche acquisizioni avvenute anche in campo scientifico (matematica e fisica), il tema della verità e della sua possibilità di scrittura assume un’immagine poco confortante, per nulla salda.

Russel sosteneva che ciò che gli uomini vogliono veramente non è la conoscenza, ma la certezza, o meglio: delle certezze.

Se le cose stanno come abbiamo mostrato, emerge che anche la non certezza della verità è una verità, con gli annessi rischi di cortocircuito che l’affermazione comporta.

COME DIRE CHE 2+2 = ?

 Indichiamo con Δx la dispersione delle misurazioni della posizione,

ossia “l’inceretezza” che possiamo avere sulla sua posizione; con Δp invece indichiamo l’inceretezza che abbiamo nel misurare la quantità di moto della particella.

Allora il principio di indeterminazione può essere formulato con la seguente disequazione:

ΔxΔp≥h4π

In questa disequazione, h è la costante di Planck, e vale 6,626069 10−34 Js (Joule per secondo).

Il principio di indeterminazione può anche essere applicato ad altre coppie di grandezze fisiche, dette “coniugate”, come ad esempio energia e tempo, nel qual caso la disequazione diventa

ΔEΔt≥h4π

INTERFERENZA E PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE HEISENBERG

Quando si pensa all’apparecchiatura necessaria per eseguire le misurazioni, questa  indeterminazione  risulta intuitiva.

I dispositivi di rilevazione sono così grandi che la misurazione di un parametro come la posizione è destinata a modificare la velocità.

Occorre sottolineare però che le limitazioni in parola, non derivano solo dall’invasiva interazione del mondo macroscopico sul mondo microscopico, ma sono proprietà intrinseche (ontologiche) della materia.

In nessun senso si può ritenere che una microparticella possieda in un dato istante una posizione e una velocità.

 

Quindi BANALMENTE possiamo dire che  fatto l’individuo una microparticella dell’Universo. è impossibile determinarne la sua posizione in quell’istante

ESEMPI DI PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE

Più precisamente nella misura simultanea delle coordinate xe della quantità di moto p di una particella è impossibile ottenere valori x’ e p’ con  indeterminazione  piccola a piacere. Infatti, se … e..p denotano rispettivamente  l’indeterminazione  in xep, deve esistere la relazione… 

In modo analogo, in base al  principio di indeterminazione  è impossibile mediante una osservazione che duri un tempo…determinare l’energia di una particella con un’incertezza inferiore a….E, legata alla relazione:…


Quest’ultima relazione dimostra che in nessun senso si può ritenere che una microparticella possieda in un dato istante una energia definita (Rif. indeterminazione Energia-Tempo).


Si noti infine che il Principio di Indeterminazione è valido per qualsiasi “oggetto”, ma in pratica ha conseguenze importanti solo se applicato a particelle di dimensioni atomiche o subatomiche, perché quando si tratta di corpi ordinari, data la piccolezza della costante h esso perde gran parte del suo  significato .

Secondo Heisenberg l’effetto dell’interazione tra il raggio di luce incidente e la particella “osservata” può anche essere reso uguale a zero, in tal caso però non si compie alcuna misurazione e non si acquista alcuna conoscenza sulle proprietà del sistema osservato.

Se l’interazione è invece diversa da zero, essa non può essere resa arbitrariamente piccola e non è quindi neppure concettualmente eliminabile, ma deve avere la costante di Planck come valore minimo.

Questo perché ogni interazione fisica tra strumento misuratore e microoggetto misurato implica sempre uno scambio di energia per un certo intervallo di tempo, oppure la cessione di una certa quantità di moto su una certa distanza spaziale.

Ora le dimensioni fisiche di “energia per tempo” e di “quantità di moto per spazio” sono proprio quelle dell’azione, sono cioè quelle della costante (h) di Planck.

n meccanica quantistica può invece succedere che il valore misurato di una grandezza A (ad esempio una componente del momento angolare di una particella, dipenda dal fatto che nell’esperimento si misura A da sola oppure A insieme ad una grandezza B della stessa particella oppure anche di un’altra particella non interagente con la prima.

Questo fenomeno quantistico è del tutto generale e si chiama “contestualità”. In poche parole, se monto un esperimento che misura solo A trovo che A ha un valore, ma se monto un esperimento che insieme ad A misura anche B, allora può accadere che A lo si trovi con un altro valore, anche se le due grandezze A e B non si influenzano l’un l’altra. Ogni esperimento (osservatore) ha il suo risultato ed esperimenti diversi possono fornire risultati diversi.

Anche il famoso esperimento delle due fenditure può essere visto in questa luce. Si lanciano particelle una alla volta nell’appartamento e di misura la posizione di arrivo sullo schermo finale. Ogni particella è indipendente e non interagisce con le altre. Il punto di arrivo di ogni singola particella sullo schermo è imprevedibile, però la distribuzione statistica dei punti di arrivo delle particelle sullo schermo dipende dalla presenza di una o più fenditure presenti nell’esperimento. L’esperimento con una sola fenditura fornisce un risultato diverso da quello con due e quello con due fornisce un risultato diverso da quello con tre. Ogni esperimento quantistico ha il suo risultato. Per prevedere con la teoria il risultato di un esperimento non si può solo parlare di ciò che si misura, ma occorre conoscere la configurazione dell’intero esperimento. La meccanica quantistica ha un legame con l’apparato di misura più stretto che in meccanica classica.

Un altro significato della parola “osservatore” è quello di sistema di riferimento. In questo caso il fenomeno classico o quantistico viene visto in modo diverso da diversi osservatori, ma la scelta del riferimento resta arbitraria, perché il riferimento non influenza il fenomeno stesso. Cambia solo il punto di vista.

Questi sono i fatti sperimentali che si osservano. Una cosa differente sono le interpretazioni teoriche, come ad esempio la particella di Feynman che percorre tutti i cammini possibili tra due punti assegnati. Le teorie però non sono fatti. I fatti, cioè i risultati degli esperimenti, restano sempre gli stessi. Le teorie cambiano. A tutte le affermazioni di una teoria, anche la più confermata sperimentalmente, occorre sempre aggiungere preventivamente un “tutto va come se…”.

La logica è la premessa di qualsiasi discorso; la meccanica quantistica, è stata creata da persone straordinariamente intelligenti, che non ignoravano affatto la logica; non è stata proposta da cretini.

D’altra parte la comunità dei fisici annovera parecchie fra la menti migliori del pianeta, ed è tutta gente con uno spiccato senso critico . In particolare, la logica rigorosa su cui si fonda la meccanica quantistica è stata formalizzata già negli anni trenta dal grande matematico John von Neumann in un libro intitolato “mathematische grundlagen der quantenmechanik”.

Infatti tutti i problemi che sono stati sollevati non riguardano la logicità della teoria ma la sua corrispondenza alla realtà; però non sono mai stati trovati effetti fisici in contrasto con la teoria.

La meccanica quantistica indica quello che avviene a livello atomico ( o sub atomico ) .Perchè dovrebbe avere una logica ?

Ammesso che ci sia una logica ma perchè noi la dovremmo averla già scoperta ?

Insomma le leggi della natura non sono nate per noi ma semmai siamo noi che le interpretiamo con la nostra logica.

L’universo non ha bisogno di noi per esistere ma siamo noi che abbiamo bisogno di capire l’Universo .

La logica dice semplicemente che una variabile booleana ha due soli stati e quindi se uno stato è negato, automaticamente l’altro deve risultare vero. Non vero è uguale a falso e viceversa.

Ma che una cosa debba essere o una particella o un onda è qualcosa che stabiliamo noi con la nostra esperienza, non è una inferenza logica. Siamo noi che assumiamo che gli stati possano essere solo due e che siano mutuamente esclusivi.

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Il paradosso EPR

Nel 1935 Einstein e due suoi colleghi, Podolsky e Rosen, descrissero un esperimento passato alla storia della fisica come paradosso EPR.

Einstein rifiutava la teoria quantistica perché questa sostiene che solo dopo aver misurato il valore della proprietà di una particella, la particella stessa acquista realtà fisica, invece prima della misura va considerata come una sovrapposizione di stati.

Sono note le frasi che ripeteva spesso in MANIERA IRONIA E DISSACRANTE

: “Mi piace pensare che la luna stia lì anche se non la sto guardando”

e

“Dio non gioca a dadi”

e ancora:

“Se, senza disturbare in alcun modo un sistema, possiamo predire con certezza il valore di una quantità fisica, allora esiste un elemento di realtà fisica corrispondente a questa quantità fisica”.


Secondo Einstein, infatti, se una proprietà fisica di un oggetto può essere vista anche senza che l’oggetto sia osservato, allora la proprietà stessa non può essere stata creata dall’osservazione, ma deve essere una realtà fisica anche prima dell’osservazione.

Einstein era un determinista, ovvero: Note le premesse di un problema, questo problema avrà sempre una soluzione logica, magari non calcolabile.

 La meccanica quantistica introduce l’indeterminismo, ovvero che a date premesse vi sono infinite soluzioni con probabilità differenti 

(ad esempio, dato un atomo di idrogeno, la posizione che occupa il suo elettrone rispetto al nucleo è descritta non da un orbita, bensì da un orbitale, ovvero da una funzione d’onda che ci dice quante probabilità vi siano che l’elettrone si trovi in una certa posizione :

 la probabilità è maggiore che si trovi sull’orbita calcolata con metodi semi-classici da Bohr, ma non è una certezza, tale probabilità si annulla solo a distanza infinita dal nucleo).

 l’avvento della meccanica quantisticasi scontra quindi con la logica classica, fondata sui principi di identità, di non contraddizione e del terzo escluso, arrivando al punto di inficiare quest’ultima.

Quindi la domanda da porsi semmai è:

Dobbiamo proprio tutti vivere a Copenaghen? Sono dei reietti quelli che varcano le mura della città? Tanti Lord Fenner passati al lato oscuro della forza? (anzi, dell’energia) 🙂

Il primo incontro di Bohr e Einstein

Nell’aprile del 1920 Bohr andò a Berlino per presenziare per una conferenza sulle serie spettrali degli elementi. Durante il soggiorno berlinese ci fu il primo incontro tra Bohr e Einstein, che rimase letteralmente affascinato dalla figura del danese tanto da scrivere in una lettera successiva:

“Poche volte, nella vita, una persona mi ha dato tanta gioia con la sua sola presenza come è stato nel Suo caso. Ora capisco perché Ehrenfest Le è così affezionato. Sto studiando i suoi articoli (…) Da Lei ho imparato molto, in particolare dal suo atteggiamento riguardo alle questioni scientifiche.”[3]

La risposta di Bohr ci fa capire lo stretto legame, emotivo e scientifico, tra i due:La risposta di Bohr ci fa capire lo stretto legame, emotivo e scientifico, tra i due:

“Incontrarla e parlare con Lei è stata una delle mie più belle esperienze (…). Non può immaginare quale stimolo sia stato per me la possibilità, attesa da tempo, di ascoltare il Suo unto di vista sulle questioni di cui mi occupo”. [4]

EINSTEIN  il suo «più grande errore»,

allorché, rifiutando di dare credito alle evidenze sperimentali che una nuova generazione di ricercatori aveva prodotto in contrasto con le sue teorie, egli distolse caparbiamente lo sguardo dalle prospettive della fisica moderna che proprio allora si andavano schiudendo, in particolare nel campo della meccanica quantistica.

Anziché contribuire con il suo ingegno a trasformare ancora una volta il mondo, nell’arco di pochi anni Einstein si ritrovò ai margini della comunità scientifica internazionale, privato della sua straordinaria reputazione e isolato nella sua casa di Mercer Street a Princeton.

“Il più grande errore di Einstein”  È anche la storia esemplare dell’ascesa e della caduta del genio, della lotta incessante tra “hybris” e fallimento, dell’ardore intellettuale della giovinezza che inevitabilmente cede il passo alle incertezze e alle paure della vecchiaia.

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