Israele Nucleare

June 13, 2025
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Qual è la vera minaccia nucleare in Medio Oriente

 

L’arsenale israeliano, avvolto da una fitta cappa di segreto e omertà, viene stimato in 600-800 testate nucleari, più abbastanza plutonio da costruirne altre centinaia. Israele produce sicuramente anche trizio, gas radioattivo con cui fabbrica armi nucleari di nuova generazione. Tra queste mini-nukes e bombe neutroniche che, provocando minore contaminazione radioattiva, sarebbero le più adatte contro obiettivi non tanto distanti da Israele.

Le testate nucleari israeliane sono pronte al lancio su missili balistici che, con il Jericho 3, raggiungono 8-9 mila km di gittata.

La Germania ha fornito a Israele (sotto forma di dono o a prezzi scontati) quattro sottomarini Dolphin modificati per il lancio di missili nucleari Popeye Turbo, con raggio di circa 1.500 km.

Silenziosi e capaci di restare in immersione per una settimana, incrociano nel Mediterraneo Orientale, Mar Rosso e Golfo Persico, pronti ventiquattro’ore su ventiquattro all’attacco nucleare.

La decisione degli Stati uniti di uscire dall’accordo sul nucleare iraniano – stipulato nel 2015 da Teheran con i 5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania – provoca una situazione di estrema pericolosità non solo per il Medio Oriente. 

Per capire quali implicazioni abbia tale decisione, presa sotto pressione di Israele che definisce l’accordo «la resa dell’Occidente all’asse del male guidato dall’Iran», si deve partire da un fatto ben preciso: Israele ha la Bomba, non l’Iran. 

 

Sono oltre cinquant’anni che Israele produce armi nucleari nell’impianto di Dimona, costruito con l’aiuto soprattutto di Francia e Stati Uniti. Esso non viene sottoposto a ispezioni poiché Israele, l’unica potenza nucleare in Medioriente, non aderisce al Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, che invece l’Iran ha sottoscritto cinquant’anni fa. 

Le prove che Israele produce armi nucleari sono state portate oltre trent’anni fa da Mordechai Vanunu, che aveva lavorato nell’impianto di Dimona: dopo essere state vagliate dai maggiori esperti di armi nucleari, furono pubblicate dal giornale The Sunday Times il 5 ottobre 1986. Vanunu, rapito a Roma dal Mossad e trasportato in Israele, fu condannato a 18 anni di carcere duro e, rilasciato nel 2004, sottoposto a gravi restrizioni. 

Gli Stati uniti, che hanno già fornito a Israele oltre 350 cacciabombardieri F-16 e F-15, gli stanno fornendo almeno 75 caccia F-35, anch’essi a duplice capacità nucleare e convenzionale. Una prima squadra di F-35 israeliani è divenuta operativa nel dicembre 2017. Le Israel Aerospace Industries producono componenti delle ali che rendono gli F-35 invisibili ai radar. Grazie a tale tecnologia, che sarà applicata anche agli F-35 italiani, Israele potenzia le capacità di attacco delle sue forze nucleari.

Israele – che tiene puntate contro l’Iran +200 armi nucleari, come ha specificato l’ex segretario di stato Usa Colin Powell nel 2015 – è deciso a mantenere il monopolio della Bomba in Medio Oriente, impedendo all’Iran di sviluppare un programma nucleare civile che potrebbe permettergli un giorno di fabbricare armi nucleari, capacità posseduta oggi nel mondo da decine di paesi. Nel ciclo di sfruttamento dell’uranio non esiste una netta linea di demarcazione tra uso civile e uso militare del materiale fissile.

Per bloccare il programma nucleare iraniano Israele è deciso a usare ogni mezzo. L’assassinio di quattro scienziati nucleari iraniani, tra il 2010 e il 2012, è con tutta probabilità opera del Mossad.

Le forze nucleari israeliane sono integrate nel sistema elettronico Nato, nel quadro del «Programma di cooperazione individuale» con Israele, paese che, pur non essendo membro della Alleanza, ha una missione permanente al quartier generale della Nato a Bruxelles. 

Secondo il piano testato nella esercitazione Usa-Israele Juniper Cobra 2018, forze Usa e Nato arriverebbero dall’Europa (soprattutto dalle basi in Italia) per sostenere Israele in una guerra contro l’Iran.

Essa potrebbe iniziare con un attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani, tipo quello effettuato nel 1981 contro l’impianto iracheno di Osiraq. Il Gerusalem Post (3 gennaio) conferma che Israele possiede bombe non-nucleari anti-bunker, usabili soprattutto con gli F-35, in grado di colpire l’impianto nucleare sotterraneo iraniano di Fordow.

L’Iran però, pur essendo privo di armi nucleari, ha una capacità militare di risposta che non possedevano la Jugoslavia, l’Iraq o la Libia al momento dell’attacco Usa/Nato. In tal caso Israele potrebbe far uso di un’arma nucleare mettendo in moto una reazione a catena dagli esiti imprevedibili.

Le testate nucleari israeliane sono pronte al lancio su missili balistici, come il Jericho 3, e su cacciabombardieri F-15 e F-16 forniti dagli Usa, cui si aggiungono ora gli F-35. 

Come confermano le numerose ispezioni della Aiea, l’Iran non ha armi nucleari e si impegna a non produrle sottoponendosi in base all’accordo a stretto controllo internazionale. 

Comunque – scrive l’ex segretario di stato Usa Colin Powell il 3 marzo 2015 in una email venuta alla luce –  «quelli a Teheran sanno bene che Israele ha 200 armi nucleari, tutte puntate su Teheran, e che noi ne abbiamo migliaia».

Gli alleati europei degli Usa, che formalmente continuano a sostenere l’accordo con l’Iran, sono sostanzialmente schierati con Israele. La Germania gli ha fornito quattro sottomarini Dolphin, modificati così da poter lanciare missili da crociera a testata nucleare. 

Germania, Francia, Italia, Grecia e Polonia hanno partecipato, con gli Usa, alla più grande esercitazione internazionale di guerra aerea nella storia di Israele, la Blue Flag 2017. L’Italia, legata a Israele da un accordo di cooperazione militare (Legge n. 94, 2005), vi ha partecipato con caccia Tornado del 6° Stormo di Ghedi, addetto al trasporto delle bombe nucleari Usa B-61 (che tra non molto saranno sostituite dalle B61-12). Gli Usa, con F-16 del 31st Fighter Wing di Aviano, addetti alla stessa funzione. 

Insomma in conclusione, riesce difficile comprendere i fondamenti DEMOCRATICI dei paesi OCCIDENTALI, Ogni tanto si chiude un occhio e quando si parla di Nucleare è certamente un occhio cieco che può fare male a tutti. Specialmente se si parla di:

ISRAELE UN PAESE INVASORE DAL 1948

Palestina: Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea generale dell’ ONU

La risoluzione 181 del 29 novembre 1947  
L’ONU creò una speciale commissione UNSCOP che si recò in Palestina nel 1947 dove assistè tra l’altro al rinvio della nave Exodus carica di immigranti ebrei (operazione organizzata dall’Haganah) da parte delle autorità inglesi.

Questo fatto convinse la maggioranza della commissione della necessità di attribuire agli ebrei spazio a sufficienza per accogliere gli immigrati ebrei che erano scampati all’olocausto. Il piano proposto dalla minoranza della commissione fu ignorato. La proposta della maggiornaza fu sottoposta al plenum dell’ONU il 29 novembre 1947.


L’ONU contava allora 56 paesi. La votazione fu rinviata ben due volte. Erano necessari i 2/ 3 dei consensi, ovvero 37 voti. I sì furono 33, i no 13 e gli astenuti 10. Per l’occasione non si contarono gli astenuti! Contrariamente a quanto preannunciato  Haiti, Liberia e Filippine decisero all’ultimo momento di votare sì a seguito delle scandalose pressioni degli USA che letteralmente  “comperarono” i voti con soldi donati dai sionisti.

 

La risoluzione 181 sancisce la spartizione della Palestina : attribuisce il 56,47 % del territorio a 500’000 ebrei + 325’000 arabi , il 43,53 % del territorio a 807’000 arabi + 10’000 ebrei , la tutela internazionale su Gerusalemme con circa 100’000 ebrei e 105’000 arabi , prescrizioni e diritti vari.


Da notare che la parte assegnata ai sionisti erano in parte le terre che essi già avevano sottratto illegalmente ai palestinesi tra cui le migliori e coltivabili.

Tuttavia tra il 1945 e il 1948 i sionisti occuparono illegalmente altre terre palestinesi, di gran fretta e scacciando i palestinesi con la forza e/o le minacce.  Al momento della spartizione i sionisti occupavano in realtà il 75 % della Palestina (il 17 settembre 1948 i sionisti uccisero il sovrintendente dell’ONU Folke Bernadotte).

 

La risoluzione 194 del 1948 sancisce il diritto di ritorno dei profughi. Fu applicata solo in minima parte 
Dopo la guerra del 1967, con la risoluzione 242 del 22.11.1967  l’ONU ingiunse a Israele di ritirarsi dai territori conquistati militarmente ( conquistare territori altrui con la forza è contrario alla carta dell’ONU ) ma Israele ignorò e ignora tuttora tale risoluzione, come ha ignorato tutte le risoluzioni successive. Anzi, nei territori conquistati con la forza,  persegue ostinatamente nella sua politica di occupazione definitiva ( gli insediamenti di coloni ) e repressione. Israele si infischia in modo sprezzante dell’ONU anche grazie al tacito sostegno degli USA  ( per esempio gli USA pongono sistematicamente il veto a ogni risoluzione del consiglio di sicurezza dell’ONU  sfavorevole a Israele).


La risoluzione 273  del 1949  ammissione di Israele all’ONU . Israele si impegna a rispettare le risoluzioni dell’ONU dal momento della sua ammissione all’ONU stessa.

La risoluzione 338  del 1973 del consiglio di sicurezza dell’ONU chiede nuovamente alle parti di applicare la risoluzione 242

La risoluzione 425  del 1978  del Consiglio di sicurezza dell’ONU ingiunge a Israele di ritirarsi dal Libano  ma gli israeliani si ritirarono solo nel 1985. Mantennero tuttavia una fascia lungo il proprio confine che, tranne alcune piccole ma preziose parti di territorio libanese, abbandonarono solo nel 2000 su pressione militare della resistenza Hetzbollah.
Per semplicità tralasciamo le rimanenti risoluzioni, dichiarazioni, ecc. meno importanti.

Ricordiamo pure che l’ONU definì il sionismo una forma di razzismo, ma qualche anno più tardi, su pressante richiesta degli USA, tale dichiarazione fu annullata.


Va osservato che nel Consiglio di sicurezza dell’ONU siedono in permanenza USA, Russia, Francia, Inghilterra e Cina che hanno il diritto di veto.

In totale il Consiglio di sicurezza ha emanato circa 69 risoluzioni concernenti la Palestina e/o Israele.

Altre 29 risoluzioni sono state bloccate dal veto degli USA perché erano sfavorevoli a Israele . Quasi sempre gli USA hanno richiesto delle modifiche attenuanti. Per questo motivo molte risoluzioni emanate dal Consiglio di sicurezza e concernenti Israele sono piuttosto blande e/o non sono imperative.


Va pure osservato che l’ONU, e in particolare il Consiglio di Sicurezza, sono sempre stati perfettamente a conoscenza della situazione reale in quanto informati accuratamente dalle speciali commissioni di vigilanza o d’inchiesta dell’ONU create di volta in volta ( per es. il rapporto ufficiale dell’ONU sui territori occupati da Israele del 1995). 


Israele si è quasi sempre opposto alla presenza di osservatori internazionali o dell’ONU , e quando tale presenza era inevitabile ne ha spesso intralciato l’opera anche con la forza     ( per esempio nel 1948 i sionisti hanno ucciso il conte Bernadotte inviato speciale dell’ONU, nel 2002 hanno rifiutato la commissione d’inchiesta su Jenin ).

Spesso Israele ha ignorato le risoluzioni o altri accordi in modo platonico e provocatorio ( per esempio annunciando la creazione di nuovi insediamenti nei territori occupati proprio il giorno successivo all’ingiunzione/accordo di sospendere gli insediamenti , ecc. ).

Nell’autunno 2000 l’ONU ha votato ( contrari solo USA e Israele ) ben 8 risoluzioni di condanna di Israele per la sua politica nei territori occupati e deciso l’invio di osservatori internazionali e di una commissione di inchiesta il cui lavoro è però ostacolato dal divieto israeliano di indagare sul terreno. Successivamente altre risoluzioni che intimavano a Israele di ritirarsi dai territori occupati sono rimaste lettera morta.


Malgrado che possieda già un armamento nucleare, Israele non ha firmato il trattato contro la proliferazioni delle armi nucleari, contro le mine antiuomo, ecc. Israele non ha applicato gli accordi di Ginevra adducendo come pretesto che non era applicabile ai “terroristi” palestinesi. Fino a pochi mesi fa nelle carceri israeliane la tortura era legale e veniva applicata regolarmente.

Nello stesso periodo gli USA e i suoi alleati attaccarono l’Iraq e la Jugoslavia rei di non aver rispettato una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU …


Si tratta evidentemente di una politica dei due pesi e delle due misure da parte della superpotenza USA che non dovrebbe lasciar indifferente la comunità internazionale.

L’Iran brucia miliardi con missili che non costano migliaia di dollari!

285 milioni di dollari a notte… è questo invece il prezzo che Israele sta pagando per cercare di respingere i missili iraniani.
Non stiamo parlando solo di distruzione, ma di una tattica economica devastante che ridefinisce la guerra con un nuovo equilibrio: un missile intelligente contro un bilancio della difesa al collasso.

Il quotidiano israeliano “The Marker”, specializzato in questioni finanziarie, ha lanciato l’allarme in anticipo: la difesa missilistica contro gli attacchi balistici iraniani sta prosciugando l’economia israeliana a un ritmo senza precedenti. Ancora più pericoloso del costo… è il conto alla rovescia verso l’esaurimento delle munizioni.

Le stime dell’intelligence statunitense e israeliana indicano che Israele può resistere solo dai 10 ai 12 giorni senza il supporto americano diretto. Dopodiché, sarà costretto a scegliere quali obiettivi intercettare, poiché le sue scorte saranno esaurite e il suo sistema di difesa potrebbe essere completamente sopraffatto.

L’Iran non lancia missili semplicemente per bombardare, bensì per colpire in profondità le infrastrutture economiche e militari del nemico, utilizzando una strategia di “fuoco di logoramento”.
Ci si aspetta che ogni missile lanciato non solo abbatta un edificio, ma faccia uscire dalle casse dell’ente anche un milione di dollari o più!

Il nemico si affida a complessi livelli di difesa missilistica:

Freccia 2 e 3: Progettati per intercettare missili balistici, sia all’interno che all’esterno dell’atmosfera.

THAAD: Dispiegato dagli Stati Uniti alla fine del 2024, con una capacità di 48 missili per batteria.

Fionda di David e Cupola di Ferro: per la difesa di bersagli medi e ravvicinati.

Ma, nonostante la complessità, il punto debole risiede nell’equazione economica:

Missile Arrow: costa tra i 2 e i 3 milioni di dollari.

Missile THAAD: oltre 12 milioni di dollari.

Al contrario, l’Iran possiede un enorme arsenale di missili a medio e lungo raggio, ciascuno dei quali non costa più di decine di migliaia di dollari.

Dove si manifesta la sconfitta?

Nell’ultimo attacco, l’Iran ha lanciato centinaia di missili balistici, costringendo Israele a impiegare diversi missili intercettori per ogni attacco.
Secondo l’affermazione dei sionisti, avrebbero distrutto solo “un terzo” delle rampe di lancio, il che significa che due terzi della potenza di fuoco dell’Iran sta ancora aspettando il proprio turno.

Anche con tassi di intercettazione dell’80-90%, gli attacchi riescono comunque a raggiungere il bersaglio, i danni sono fatti e la deterrenza è instabile.
In effetti, alcuni missili hanno eluso tutti gli strati difensivi, un precedente che ha rivelato i limiti della “tecnologia assoluta”.

A coloro che seminano dubbi nei cuori dell’asse o promuovono frasi come: “L’Iran è finito”, “i missili sono stati distrutti”, “le capacità sono state colpite”, presentiamo loro questo conto quotidiano che “Israele” paga sotto shock.

Lasciate che calcolino quanto gli resta prima che scadano i dodici giorni.

ascosto nelle profondità delle rocce e sotto le montagne di Qom si trova uno degli impianti nucleari più complessi e pericolosi del mondo: l’impianto iraniano di Fordow, che è diventato un incubo continuo per i leader dell’entità provvisoria e l’asse dell’arroganza internazionale.

Questo impianto viene utilizzato per arricchire l’uranio fino a raggiungere elevati livelli di purezza, e l’Iran vi ha raggiunto il 60% di arricchimento, un passo coraggioso che si avvicina alla soglia critica per la costruzione di una bomba nucleare. Questo numero di per sé non è solo un parametro tecnico; è un messaggio chiaro al nemico: siamo capaci e non dormiremo.

La pericolosità dell’impianto di Fordo non risiede solo in ciò che produce, ma anche nel luogo e nelle modalità del suo funzionamento. L’impianto è fortificato a 80-100 metri di profondità nelle montagne, circondato da strati di cemento armato e roccia, secondo i piani rivelati dal Mossad dopo il furto dell’archivio del programma nucleare nel 2018. Ciononostante, l’impianto rimane una spina nel fianco del nemico, una roccia contro cui le sue scommesse si infrangono.

L’entità temporanea considera Fordow un complesso operativo insolubile. Persino le bombe più potenti dell’arsenale occidentale – le GBU-57 MOP americane – non riescono a penetrare più di 60 metri di cemento armato. La struttura di Fordow, tuttavia, è più profonda, più complessa nella progettazione e supera le capacità di puntamento convenzionali.

A peggiorare le cose, solo gli Stati Uniti possiedono questa bomba e l’unico aereo in grado di trasportarla è il bombardiere stealth B-2 Spirit, il che significa che l’entità sionista non ha nemmeno i mezzi tecnici per tentare la fortuna.

Il recente attacco israeliano, che ha preso di mira i magazzini di superficie vicino all’impianto, non ha prodotto alcun effetto significativo. Le centrifughe sono ancora in funzione, l’arricchimento continua e la risposta iraniana è stata rapida a suggerire che i suoi occhi rimangono puntati sull’obiettivo.

Le opzioni a disposizione dell’ente sembrano quelle di qualcuno che cerca di scalare una montagna con un coltello da cucina:

1. Affidarsi agli Stati Uniti per condurre un raid complesso utilizzando più bombe MOP sganciate con precisione e simultaneamente sugli ingressi e sulle uscite della struttura, un’opzione gravata da costi politici e militari.

2. Un commando speciale ha effettuato un lancio aereo nei pressi di Fordow, per infiltrarsi e far esplodere la struttura dall’interno. Questo scenario è più fantasioso che reale, soprattutto considerando le estese difese iraniane intorno a Qom.

L’impianto di Fordow non è solo un sito nucleare; rappresenta una sfida geostrategica al prestigio dell’arroganza globale e una vera incarnazione della dottrina di deterrenza iraniana. Ogni giorno che l’impianto non viene bombardato è un’ulteriore umiliazione per il nemico e la prova vivente che alcuni obiettivi non vengono bombardati… ma temuti.

Fordow non è solo una struttura… è il pugnale conficcato nel fianco del progetto sionista.

E alla fine Mi viene da dire con tristezza,

EVVIVA LA DEMOCRAZIA OCCIDENTALE

POST SCRIPTUM

L’Italia ospita armi nucleari statunitensi, ma non ne possiede né le produce. Gli Stati Uniti hanno 100 bombe B-61 in Europa, di cui 35 si trovano nelle basi di Ghedi e Aviano in Italia. Un rapporto dell’Camera.it afferma che gli Stati Uniti mantengono in Italia 90 bombe nucleari, 50 ad Aviano e 40 a Ghedi. L’Italia partecipa al programma di “condivisione nucleare” della NATO, ma non ha un proprio deterrente nucleare.

Email di Donald Trump, che confermano che IRAN non ha Bomba Nucleare

Le nuove armi Iraniane

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