DONNA MUSULMANA

October 23, 2025
Sopraffatti da un’informazione ormai continua, molteplice e spesso presentata in maniera frammentaria e superficiale, tendiamo spesso a generalizzare o, detto in maniera popolare, a “fare di tutta l’erba un fascio”

Con l’Islam, la seconda religione al mondo per numero di fedeli (circa 2,4 miliardi), generalmente ciò accade. Non sempre consideriamo che all’Islam, religione affermatasi nella penisola araba nel VII secolo d.C., partecipano esperienze sociali diverse: per cultura, nazionalità, regimi politici e status economici. Oltre a ciò, abitualmente non valutiamo che nell’Islam esistono diverse correnti religiose: moderniste, tradizionaliste e fondamentaliste, le quali, a loro volta, comportano diverse interpretazioni del Corano (il Libro Sacro rivelato al Profeta Maometto direttamente da Allah, il dio unico dell’islamismo), in molti suoi passi.

Oltre a questioni quasi irredimibili di carattere politico e spirituale legate alla definizione di Imam, ossia la guida spirituale della comunità islamica (i sunniti basano la loro pratica religiosa sugli atti del profeta e sui suoi insegnamenti, gli sciiti vedono nei loro leader religiosi, gli ayatollah, la voce di Dio sulla Terra), una delle differenze fondamentali fra i due gruppi più importanti, gli sciiti e i sunniti, riguarda le eventuali innovazioni da apportare all’interpretazione del Corano, per adeguarla ai mutamenti storici e sociali. Per i sunniti ogni tipo di innovazione non contemplata dalla Sharia (ovvero, letteralmente, dal “percorso che conduce alla fonte”, cioè dalla direzione indicata dalla rivelazione), è un errore inammissibile, mentre, al contrario, gli sciiti sono aperti a determinate bid’a (innovazioni). Tralasciamo il fatto che queste differenze, sin da tempi remoti sono causa di pesanti conflitti tra le parti in causa, e cerchiamo di capire se e come queste differenze di pensiero abbiano influito e influiscano sulla condizione femminile.

Innanzitutto è importante soffermarci, anche se in maniera assolutamente superficiale (modalità indispensabile nel trattare temi che necessitano di libri interi per essere spiegati), sulla figura della donna nelle parole del Corano.

Nell’Islam, come nel Cristianesimo, l’uomo e la donna sono entrambi creati da Dio, ma i generi maschile e femminile hanno un’origine comune e la donna non viene “plasmata” con una costola dell’uomo: di conseguenza non vi è alcun riferimento ad una pretesa priorità o superiorità maschile.

Non meno significativo è il fatto che la “colpa originaria” (la disobbedienza al non cibarsi dei frutti dell’albero proibito), il Corano la attribuisce paritariamente sia ad Adamo che a Eva.

Eva quindi non è, come nella tradizione cattolica ed ebraica, tentatrice, seduttrice e ingannatrice. Allah, infatti, non la punisce (i dolori del parto non sono un castigo da lui voluto), anzi, alla donna non affida solo il compito della procreazione ma, come fa con l’uomo, la impegna a perseguire il bene.

Detto con altre parole, uomo e donna sono uguali davanti ad Allah.

Il Libro Sacro comprende numerosissimi riferimenti alla condizione femminile e questi, nel corso dei secoli, hanno inevitabilmente dato vita a interpretazioni diverse e distanti tra loro.

Molti esegeti, infatti, sostengono che nella scrittura coranica sia evidente e dichiarata la supremazia dell’uomo sulla donna, ad esempio con versetti come questo: «Ammonite quelle [donne] di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, picchiatele«.

(Sura IV, vers.34). Altri sostengono invece il contrario e affermano che, essendo donna e uomo uguali e dotati delle stesse potenzialità agli occhi di Allah, il Corano sia concepito per un miglioramento graduale della condizione femminile rispetto alla società araba preislamica. Ad esempio, la Sura an-Nisa (4, 19), indica come dovere specifico dell’uomo trattare le donne gentilmente: «Comportatevi verso di loro convenientemente.

Se provate avversione nei loro confronti, può darsi che abbiate avversione per qualcosa in cui Allah ha riposto un grande bene» .

afghha (14)

Nel suo Sermone dell’Addio, pronunciato poco prima di morire nel 632, Maometto disse agli uomini «Voi avete determinati diritti sulle donne, ma anch’esse hanno diritti su di voi (…) gli uomini migliori sono quelli che le loro mogli considerano i migliori»: indubbiamente non è un’affermazione misogina. Certamente questo non significò che nel Corano non perdurasse una visione d’insieme che prevedesse versetti di questo tipo: «Se le vostre donne avranno commesso azioni infami, confinate quelle donne in una casa senz’acqua nè vitto finché non sopraggiunga la morte o Allah apra loro una via d’uscita». (Sura IV, 15).

E’ indubbio poi che, secondo la tradizione islamica, la donna, dovesse essere sottoposta all’autorità maschile: finché rimaneva in famiglia, a quella del padre e, dopo il matrimonio, a quella del marito.  Ciò nonostante, è comunque condivisa da molti studiosi la convinzione che, all’epoca, grazie alle riforme radicali di Maometto rispetto alla società preislamiche, lo status delle donne fosse il più elevato di qualsiasi altra società. Effettivamente, come si deduce da molte biografie del Profeta,

Maometto predicò e praticò apertamente la parità assoluta tra donne e uomini come principio fondamentale della vera spiritualità.

Dopo la morte di Maometto, la condizione della donna andò però progressivamente modificandosi e perdendo molti diritti sia nell’ambito familiare che in quello giuridico e sociale.

Non per nulla c’è chi, come la scrittrice e sociologa marocchina Fatima Mernissi, ragionando attorno agli sviluppi storici dell’islamismo fino al XXI secolo, ha sostenuto che, se è vero che tutte le religioni monoteiste vivono il conflitto tra il divino e il femminile,

«nessuna però si è spinta tanto lontano quanto l’Islām, che ha optato per l’occultazione del secondo, almeno simbolicamente, cercando di velarlo, nasconderlo, mascherarlo» e, nel contempo, innalzando la differenza dei sessi a architettura sociale.

l Corano non prescrive esplicitamente l’obbligo di indossare l’hijab, ma raccomanda sia agli uomini che alle donne un abbigliamento decoroso, coprendo le parti del corpo considerate “belle”. Il termine “hijab” significa “velare” o “nascondere”, e nella giurisprudenza islamica è associato all’obbligo di coprire il capo e indossare vestiti larghi, anche se il concetto è evoluto nel tempo e si è diffuso in diverse forme a seconda delle culture. 

Il Corano non fa riferimento diretto all’hijab come velo per i capelli. Piuttosto, si limita a invitare sia gli uomini che le donne a vestirsi in modo modesto e decoroso. 

 

Islam

  • Creazione:

A differenza del Cristianesimo, l’Islam afferma che l’uomo e la donna hanno un’origine comune e non c’è alcun riferimento a una priorità o superiorità maschile. 

  • Ruolo:

La donna è vista come un individuo con diritti e doveri, con uno statuto sociale riconosciuto, che la rispetta e la onora. 

  • Uguaglianza:

I credenti e le credenti sono sullo stesso piano, sia nel peccato che nella ricompensa. 

  • Evoluzione:

Le femministe islamiche lottano per la parità di genere, anche se accettano diverse espressioni di questa uguaglianza, valorizzando le differenze naturali tra i sessi. 

Diritti e doveri

Il Corano ha conferito alle donne diritti in precedenza negati nella società pre-islamica. I diritti più importanti sono: 

  • Diritto all’istruzione: La ricerca della conoscenza è un dovere per tutti i musulmani, uomini e donne.
  • Diritto di scelta nel matrimonio: Non è possibile imporre un matrimonio senza il consenso della donna.
  • Diritto alla proprietà e all’eredità: Alle donne è garantito il diritto di ereditare e possedere beni, sebbene le quote ereditarie per figli e figlie siano diverse.
  • Diritto di testimonianza: Alcune interpretazioni del Corano indicano che la testimonianza di una donna ha un peso diverso da quella di un uomo. 

 

A fronte dell’analisi di cui sopra documentale, ci si chiede allora, PERCHE’ nella narrazione Occidentale la Donna musulmana viene sempre rappresentata come Sottomessa, Maltrattata, quasi Violentata in ogni momento della sua vita.??

Quando invece nel quotidiano dispone di molti più diritti che la donna delle altre religioni Monoteistiche?? 

Le ragioni Sono molteplici e dipendono in buona parte dal

1) Fondamentalismo delle altre religioni Monoteistiche. 

Una specie di competizione di chi il migliore. Praticata per secoli. In particolare dai Cristiani verso i Musulmani e dagli ebrei contro tutte le altre Religioni.

Il fondamentalismo religioso dei Cattolici, lo riscontriamo tutte le volte che i migranti tentano di avere un loro luogo di Culto. La risposta è sempre NO. Da tutti i PApi e dai governi che si sono succeduti.

Dimenticando che in tutte le nazioni Musulmane  I cattolici convivono senza esclusioni nelle loro CHIESE, o a volte in maestose cattedrali come quella di  “notre dame de la paix” Ad Abidjan” 

Fra le più grandi del mondo.

2) la NARRAZIONE ha certamente le colpe più gravi, perchè  queste CREDENZE rimangono scolpite sulla immaginazione dei credenti cattolici, che magari su 2 Miliardi di Musulmani, conoscono solo i disperati che gingono dai paesi mediterranei ARABI. da luoghi dove, la povertà ha dato accesso alle MATRASSE, cioè luoghi di culto SALAFITI (peggio della Santa Inquisizione)  finanziati abbondantemente dagli Sceicchi Miliardari del Golfo Persico, solo per  tenere in Schiavitù, non solo religioso, i propri sudditi. 

Dimenticando, distrattamente che la maggiorparte dei Musulmani vive nel Pafcifico e Asia, con l’indonesia che concentra più di 200 milioni di Musulmani, dove le donne Musulmane sono attivamente coinvolte nella politica, spesso unendo le forze con movimenti femministi laici per combattere i conservatorismi e difendere i diritti delle donne. Con un esteso ed efficace Ruolo attivo nella politica: sempre più visibili e attive nel panorama politico.

Sviluppando una diffusa capacità di creare reti efficaci per focalizzare i propri obiettivi e ottenere risultati concreti nelle attività imprenditoriali, nella formazione, nel management

3) La terza determinante causa della sottomissione delle donne che si assite in alcuni paesi Musulmani è CONSEGUENTE AL POTERE.  La religione diviene per alcuni governanti la chiave di sottomissione non tanto delle donne, ma dall’intera popolazione dello stato.

In specie questo avviene in tutti i paesi del Golfo Persico per buona parte con sistemi di governo dittatoriale rigidissimi (ampiamente osannati da i Ns Governi Occidentali),  di religione Salafita Wahabita ( come dire SANTA INQUISIZIONE PURA)

Che profittano del credo verso il Corano dei MUSULMANI.  PER FARLO interpretare A LORO USO E DOMINIO.

Con le tonnellate di miliardi di cui dispongono ESPORTANO IL CREDO MUSULMANO ESTREMISTA ( che non c’entra niente col Corano) nei paesi confinanti e no.  Nominano IMAM Fasulli, Aprono luoghi di culto a forma di colleges per i bambini poveri, Indottrinano le famiglie, che in caso contrario perderebbero i privilegi sociali ed economici.

Ecco in queste aree si le donne vengono pesantemente sottomesse, pressochè senza diritti, senza difese. Senza nulla IN balia delle parole dell’Imam. 

si calcola che su 2 Miliardi di Musulmani la Sharia Falsata incida su almeno 15 milioni compresi i paesi del Golfo. 

 

 

Che fare??. come credente Cattolico credo che una soluzione possa e deve essere il “DIALOGO” un’apertura culturale verso una religione così simile alla nostra. Verso popoli cosi simili al nostro. AVVIARE IL DIALOGO RELIGIOSO, senza preiudizi ( I soliti Occidentali)

Avviare un processo di incontro, ascolto e confronto che mira a promuovere la comprensione, la fraternità e la collaborazione tra le religioni, contribuendo a superare stereotipi e conflitti. Questo dialogo non è un tentativo di conversione, ma un arricchimento reciproco e una testimonianza di fede. 

Un diaolo basato sui seguenti punti:

  • Incontri e scambi: Si realizza attraverso incontri formali tra rappresentanti religiosi, ma anche nella vita di tutti i giorni.
  • Studio e formazione: Include lo studio delle religioni e la formazione di persone che siano preparate al dialogo.
  • Collaborazione pratica: Si concretizza in iniziative comuni che affrontano temi di interesse generale, come l’etica, la giustizia sociale o l’ambiente.
  • Comunicazione aperta: Si basa su un sistema di “parlare e ascoltare”, dare e ricevere, creando un’apertura reciproca. 

Aveva cominciato a farlo Francesco, ma poi gli avvenimenti succedutisi in Medio Oriente e la morte successiva hanno interrotto un cammino speranzoso.

Al momento questo Papa non mi sembra  avere la struttura pastorale per avviare qualcosa del genere.

Ed I governi??

No. Al momento no. Assolutamente no…

 

Salvatore Bulgarella

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