OMICIDIOMORO

February 14, 2022
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Tutto da riscrivere, 36 anni dopo. Dalla presenza di elementi esterni nel commando delle Brigate Rosse, al ruolo del “consulente” degli Usa nella gestione del sequestro Moro. Fino all’esatta dinamica dell’agguato di via Fani, in cui il 16 marzo 1978 venne eliminata la scorta e rapito il presidente della Dc Aldo Moro. Un evento spartiacque nella storia d’Italia, che non ha smesso di proiettare le sue ombre sul presente.

Dopo centomila indagini dove sono tutti coinvolti, destra sinistra centro e tutti, Dalle Brigate Rosse, Servizi Deviati, P2, Massoneria,  appare dietro l’angolo, come un’ombra sempre presente,  la bandiera stelle e strisce Amerikana Ke non puà mancare mai. Qualcuno comincia a sospettare della Cia e tutti i servizi di intelligence americani.

Qualcosa che poi si riporterà già dai primi anni ottanta anche nei processi che si sono susseguiti

In Italia, ad ogni omicidio eccellente si ama fare sempre dei polveroni che non fanno trasparire più nulla, con il caso MORO è diverso; un pò di luce si comincia a  vedere quando compaiono le prime leaks di J. Assange

Succede che nelle indagini successive a quelle dove l’autore certo erano le Brigate Rosse,  appare il nome di Kissinger. Che comunque era comparso  già, nei primi giorni dell’indagine

Nel settembre del 1974 Aldo Moro, fece un viaggio negli Stati Uniti da ministro degli Esteri, due mesi dopo sarà presidente del Consiglio a capo di un governo – il Moro La Malfa – che poi sarà affondato il giorno di San Silvestro da un inopinato articolo sull’Avanti!  del segretario del Psi Francesco De Martino. In tutto quell’anno Moro aveva mostrato molto attenzione per le proposte e le iniziative di Berlinguer. Una vicinanza sospetta per Gli amerikani. 

La strategia dell’attenzione e il compromesso storico non erano proposte che potessero piacere alla diplomazia americana, dove Henry Kissinger dettava legge.

E perciò quando nel settembre del 1974 ci fu l’incontro tra il segretario di Stato e il ministro degli Esteri italiano Moro , ci fu una specie di “resa dei conti”; una resa di conti, ovviamente unilaterale, perché Moro, che era forte delle sue idee ma le esprimeva con mitezza, non era uomo da piazzate o da smargiassate.

I due non erano fatti per piacersi. Ma l’apertura del leader Dc verso i comunisti non si discostava dalla strategia della distensione avviata da Nixon verso Cina e Unione Sovietica.

Kissinger fece a Moro un discorso che non si prestava a equivoci: gli illustrò casi di altri Paesi dove i leader aperturisti, di sinistra,  avevano fatto una brutta fine.

Con una logica da post hoc, ma anche propter hoc, disse che non condivideva affatto tutte quelle aperture ai comunisti, che i comunisti restavano tali e come tali dovevano essere trattati.

Di qui l’invito a “lasciar perdere”;  ma conoscendo la mentalità “padronale” e criptocoloniale degli americani era in realtà una imposizione, un avvertimento, un ordine, un monito e qui possiamo esaurire tutti i sinonimi, ma la conclusione è chiara: a Moro dovette sembrare, il discorso Kissingeriano,  così  subdolo, sinistro e foriero di pericoli e minacce, che ne rimase scosso.

Che si concluse in modo estremamente minaccioso : “Presidente, lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Presidente, lei o la smette o la pagherà cara, molto cara. Questo è un avvertimento ufficiale”. Queste le parole che Henry Kissinger, 56º Segretario di Stato degli Stati Uniti, disse a Moro in tono di minaccia.

La ‘Commissione Moro 2’ ha chiesto negli anni la rogatoria internazionale per ascoltare Kissinger: ovviamente gli Stati Uniti non hanno voluto concederla.

Nel 1976, Moro, Presidente del Consiglio, è di fatto escluso dal vertice di Portorico perché tedeschi, francesi, inglesi e americani vogliono far pagare la possibilità che i comunisti italiani vadano al Governo.

Nel novembre del 1977 Moro, passeggiando in transatlantico con un Senatore democristiano – Vittorio Cervone di Latina – dice: “Caro Vittorio, ci faranno pagare caramente la nostra linea politica, ma dobbiamo andare avanti. Dobbiamo spostare i comunisti da Mosca in Europa, governare con loro i difficili processi dell’inflazione e del terrorismo e poi chiedere al popolo italiano chi, tra noi e loro, vincendo le elezioni dovrà governare. Gli altri faranno minoranza e si prepareranno a vincere le votazioni successive”.

Quando Moro viene rapito dalle Br, i cui rapporti con il deep State dell’Impero Rosso hanno lasciato più di una traccia, Nixon e Kissinger non hanno più responsabilità di governo in America.

Comanda il democratico Jimmy Carter, il presidente dei diritti civili, l’anti-realista, l’anti-machiavellico per eccellenza. Carter non fa nulla per cercare di liberare il prigioniero Moro dalle mani dei terroristi.

Anzi, l’impressione è che, sotto sotto, sia a Washington sia a Mosca convenga che l’ostaggio venga lasciato a un tragico destino, perché non funzionale ai loro rispettivi disegni.

Rispuntano in quella circostanza le cronache sui colloqui tutt’altro che affabili, svoltisi anni prima, tra Kissinger e Moro, oltre alle inevitabili dietrologie sul (presunto) ruolo che successivamente avrebbe esercitato Kissinger in persona nel boicottare tutti gli sforzi per salvare il presidente della Dc.

La NUOVA iNDAGINE PRENDE SPUNTO DA **PIECZENIK**

Pochi giorni dopo il sequestro di Aldo Moro a Roma arriva un “consulente” del Dipartimento di Stato Usa esperto di lotta al terrorismo, STEVE Pieczenik uomo vicino al “falco” Henry Kissinger.

Durante il rapimento lavora a stretto contatto con il ministro degli Interni Francesco Cossiga in qualità di esperto di antiterrorismo, uno dei ruoli che occupa anche nell’amministrazione americana.STEVE 

E nell’Ottobre del 2014 l’ANSA TITOLA

Caso Moro, ‘gravi indizi a carico dell’americano Pieczenik per l’omicidio’

Il Pg Campoli chiede di procedere nei confronti dell’americano Steve Pieczenik, ex funzionario del Dipartimento di Stato Usa e ‘superconsulente’ del governo italiano ai tempi del sequestro di Moro

per la prima volta la procura generale di Roma gli attribuisce intenzioni e fatti determinati, finora mai formulati con tanta chiarezza: la missione di Pieczenik avrebbe avuto come obiettivo “mettere le mani sui testi e sui nastri dell’interrogatorio di Moro, eliminare Moro, costringere al silenzio le Br”. Una missione di fog of war (“nebbia di guerra”). Per la magistratura italiana “la più grande operazione di guerra psicologica dal 1945”.  Per il Pg di Roma Luigi Ciampoli, a carico del col. Camillo Gugliemi, già in servizio al Sismi, presente in via Fani la mattina del 16 marzo 1978 quando venne rapito Aldo Moro, “potrebbe ipotizzarsi” il concorso nel rapimento e nell’omicidio degli uomini della scorta, ma nei suoi confronti non si può promuovere l’azione penale perché è morto. 

Durante il rapimento lavora a stretto contatto con il ministro degli Interni Francesco Cossiga in qualità di esperto di antiterrorismo, uno dei ruoli che occupa anche nell’amministrazione americana. Psichiatra nato a Cuba e cresciuto in Francia, laureato ad Harvard e al Massachussets Institut of Technology, “il dottor Pieczenik è uno di quegli uomini ombra cresciuti nel dopoguerra – scrive Emmanuel Amara in Abbiamo ucciso Aldo Moro –  in piena guerra fredda. Su di lui si sa pochissimo. (…) Furono le eminenze grigie di Henry Kissinger a offrirgli il primo lavoro come consulente presso il ministero degli Esteri”. Il suo contributo in quegli anni spaziava dai negoziati sugli ostaggi all’addestramento alla guerra psicologica per gli agenti della Cia.

In Italia Pieczenik – scrive il procuratore generale di Roma – arriva dopo la pubblicazione del comunicato n. 3 delle Br, il 29 marzo ’78.In quel documento i brigatisti annunciano che l’interrogatorio di Moro procede “con la completa collaborazione del prigioniero” e che le informazioni “verranno rese note al movimento rivoluzionario”. E allegano una lettera di Moro al ministro Cossiga – che in un primo momento sarebbe dovuta rimanere riservata – in cui il presidente della Dc cerca di indicare al governo una via d’uscita. Invoca una “ragion di Stato” per cui si sarebbe dovuta intavolare una trattativa, precisando di essere “sotto un dominio pieno e incontrollato” e di correre “il rischio di essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole o pericolosa”.

Quella frase di Moro, scrive il procuratore generale Lugi Ciampoli, è il momento di svolta nel rapimento. Il sequestro Moro d’un tratto diventa un pericolo serio per la Nato. Vi sono segreti che non possono essere rivelati, come la rete Stay-Behind “Gladio” che nel ’78 – in piena guerra fredda – è ancora coperta dal segreto di Stato. Gli Usa, che nella prima fase del rapimento avevano rifiutato di fornire aiuto all’Italia, inviano il loro uomo a Roma. Con intenti precisi e inconfessabili, che potrebbero spiegare anche il basso profilo attribuito fino ad ora al “consulente” americano nella gestione del sequestro: recuperare i nastri dell’interrogatorio di Moro, eliminare Moro, e costringere le Br al silenzio. “Mettere le mani sui testi e sui nastri dell’interrogatorio di Moro – scrive il pg di Roma – serviva a sapere cosa il prigioniero avesse detto, per predisporre una qualche difesa in caso ciò fosse venuto fuori: far sparire prove e testimoni; allestire prove false che smentissero quelle dichiarazioni; organizzare operazioni di «nebbia di guerra»”.

**LA VERSIONE DI PIECZENIK. **“Vi è forse, nel tener duro contro di me, una indicazione americana o tedesca?”. Oggi queste parole di Moro, scritte il 10 aprile ’78, risuonano quasi sinistre. Dalla “prigione del popolo” il presidente della Dc doveva aver percepito con precisione che il gioco non si svolgeva solo su uno scacchiere italiano. E d’altra parte Pieczenik, in Abbiamo ucciso Aldo Moro, descrive un quadro ancora più grave. “[Cossiga] non mi nascose niente – prosegue il consulente Usa – e qualche ora dopo il mio arrivo, durante il nostro primo incontro, mi confidò: «Non abbiamo nessuna idea di come affrontare questa crisi, non abbiamo né una strategia né un sistema operativo»”. Lo psichiatra americano riceve carta bianca dal governo italiano. Dorme per quattro settimane “con la pistola appoggiata alla gamba e con la canna puntata in direzione della porta” all’hotel Excelsior, nel centro di Roma, “lo stesso in cui il maestro venerabile della loggia P2 Licio Gelli aveva una suite”, ricorda lo storico e senatore del Pd Miguel Gotor. Diventa l’“uomo ombra” del comitato di crisi, racconta di aver convinto Cossiga di dover “sacrificare l’ostaggio per la stabilità dell’Italia”.

Se non Fosse Sufficiente J. Assange comincia a scoprire il vaso di pandora con una serie de Leaks tremendi. Già nel 1983 in una intervista a kissinger esce fuori la testata gionalistica INTERNATIONAL scrive

Successivamente ai documenti:  Le minacce di #Kissinger a #Moro depositate alla Procura Roma 1983 “Onorevole lei deve smettere di perseguire il suo piano politico di portare tutte le forze a collaborare..qui, o lei smette di fare questa cosa o lei la pagherà cara,veda lei come la vuole intendere”

 Ma già Nell’ottobre 1978, pochi mesi dopo la morte dello statista, il Partito Operaio Europeo (POE) pubblicò un volume intitolato “Chi ha ucciso Aldo Moro”.  il dossier del movimento di LaRouche indicò i mandanti del crimine ed i loro motivi, denunciò la dimensione strategica internazionale dietro il conflitto sintetico tra “destra e sinistra”

 Il POE, che rappresentava il movimento di Lyndon LaRouche, collocò l’assassinio di Moro nella contrapposizione di due partiti “trasversali”, quello oligarchico e quello repubblicano, dove per repubblicano si intendeva il fronte composto dalle forze che si riconoscevano nei valori dello stato nazionale espressi dalla Costituzione.

Vent’anni dopo

 

In questo contesto, pur con le inevitabili inesattezze di un lavoro scritto a caldo, il dossier del POE indicò precisamente nelle strutture dei servizi segreti britannici i capifila del terrorismo e delle strutture “deviate” presenti negli altri servizi occidentali come pure in quelli dei paesi comunisti, e quindi le forze che concorsero materialmente alla pianificazione e all’esecuzione del sequestro e dell’assassinio di Aldo Moro.

Nel Frattempo continuano  a scoperchiarsi altri vasi per merito di Assange e a Pandora si aggiunge anche la P2.  #Sisde Michael #Ledeen Bio (🕵️‍♀️agente Z3) e i suoi contatti con la loggia #P2 #Gelli
“Mike” fu accompagnato a Roma da Francesco #Pazienza (🕵️‍♀️P2 🇮🇹🇺🇸 rif Segr Stato #USA vicecapo #SACEUR #NATO Alexander #Haig loggia P2) per portare un messaggio di #Kissinger all’Avv #Agnelli(1985)

#Gelli Files La scheda della Loggia #P2 del Gen #USA Alexander #Haig…mancano però gli 11 fogli interni siglati dal Giudice Istruttore… All’interno c’erano descritti gli incontri di Licio #Gelli con #Kissinger e il Gen Haig a Washington nel 1969… #SEGRETO

Chi è il Generale Haig??

Haig è uno dei più vicini collaboratori di KISSINGER

Dall’analisi dei Leaks di JAssange comunque emerge un particolare interesse, della Intelligenze Americana per un politico di un piccolo Stao, sottomesso come l’Italia

Un interesse quasi ossessivo

1.  L’ADDETTO STAMPA DELL’AMBASCIATA HA RILASCIATO DICHIARAZIONE PREPARATA (REFTEL, PARA OTTO). DICHIARAZIONE RIPORTATA NELLA MAGGIOR PARTE DEI GIORNALI DI OGGI, IN GENERE NEL CONTESTO DI ARTICOLI IN PRIMA PAGINA SUI RECENTI CHIAMATI DI ALCUNI LEADER POLITICI PER UN’INDAGINE PARLAMENTARE SUL CASO MORO.

PROPOSTA ORIGINARIAMENTE DAL DEPUTATO DI SINISTRA DC FRANCANZANI GADFLY, UN’INCHIESTA PARLAMENTARE SPECIALE E’ STATA APPROVATA DA REPUBBLICANI, LEBERALI E MANCINI DEL PARTITO SOCIALISTA.

I vertici della Dc e del Pci sembrano interessanti all’idea e hanno sottolineato che il governo sta già avviando un’indagine amministrativa sul caso.

L’ARTICOLO PANORAMA CHE PRESUNTA IL COINVOLGIMENTO DEGLI STATI UNITI NELLA MORTE DI MORO USO UFFICIALE LIMITATO USO UFFICIALE LIMITATO PAGINA 02 ROMA 14264 031656Z ERA EVIDENTEMENTE TEMPO PER AGGIUNGERE CARBURANTE AD UNA CRESCENTE POLEMICA POLITICA.

2. IL 3 AGOSTO I RACCONTI DI STAMPA CITANO ANCHE LA NEGAZIONE DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI AFFARI ESTERI ANGELO SANZA (DEPUTATO DC) DI DICHIARAZIONI A LUI ATTRIBUITE IN PANORAMA STORY. SECONDO PANORAMA, SANZA AVEVA COMMENTATO CHE IL COMPORTAMENTO DI MOLTE PERSONE NELL’AMBASCIATA AMERICANA DURANTE IL AFFARE MORO ERA STRANAMENTE FREDDO, Sheryl P. Walter Declassificato/Pubblicato Revisione sistematica EO del Dipartimento di Stato americano 20 marzo 2014 Sheryl P. Walter Declassificato/Pubblicato USA Revisione sistematica dell’EO del Dipartimento di Stato 20 marzo 2014 RISERVATO E “ERMETICAMENTE ISOLATO”.

3. È INTERESSANTE SANZA PRENDERE L’INIZIATIVA DI CHIAMARE L’UFFICIALE DELL’AMBASCIATA, SOTTOLINEANDO LA SUA angoscia PER LA MALATTIA DEL PANORAMA E DICHIARANDO DI AVERE RILASCIATO UNA PIATTA NEGAZIONE DELLE DICHIARAZIONI A LUI ATTRIBUITE. HA INDICATO CHE LA SEGRETERIA DC È STATA FORTEMENTE DISTURBATA DA PANORAMA STORY, PARTICOLARMENTE IN VISTA DELL’ATTEGGIAMENTO UTILE DELL’USG DURANTE L’AFFARE MORO*

4. INCONTRO INCHANCE CON EMBOFF IL 3 AGOSTO, IL MINISTRO DELL’INTERNO ROGNONI HA ESPRESSO ANCHE DISAGIO PER LE ACCUSE DI PANORAMA.HOLMES LIMITED OFFICIAL USE NNN Sheryl P Walter Declassificato/Pubblicato Revisione sistematica dell’EO del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti il 20 marzo 2014 Sheryl P. Walter Declassificato/Pubblicato Revisione sistematica dell’EO del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti il 20 marzo 2014

 

L’insieme dei documenti esposti in questo post, lasciano fortemente interdetti. Dalle Brigate rosse, si passa alla P2 di Gelli, Alla Cia, A Kissinger e chissà chi altri ancora.

tenteremo di fare un pò più di luce nel prossimo Post.

Grazie per l’attenzione a Presto.

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